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Il caso Marino Pascoli

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A cura di @Guidarello Guidarelli (modificato).

Come riporta il sito Ravenna Notizie, lo scorso 4 gennaio è stato il settantesimo anniversario dell’omicidio dell’ex partigiano repubblicano e giornalista Marino Pascoli. In uno dei suoi ultimi articoli sulla Voce di Romagna aveva denunciato i partigiani falsi come soleva chiamarli:

I partigiani veri sono quelli che hanno corso sul serio dei rischi, che hanno combattuto con fede per la liberazione dell’Italia e questi, a dire il vero, sono pochi. I partigiani falsi, che purtroppo sono la maggioranza, sono coloro che hanno fatto i teppisti mascherati, i collezionisti di omicidi e che andarono in giro con il mitra quando non vi era più pericolo a fare gli eroi. Questa gente, non bisogna avere nessuna esitazione a chiamarla teppa.

Il 4 gennaio 1948, infatti, sulla strada tra Ammonite e Mezzano in provincia di Ravenna, nei pressi della zona che per la frequenza di omicidi commessi da parte comunista alla fine della guerra sarebbe diventata giornalisticamente nota come Triangolo della Morte, venne ucciso il giornalista ed ex partigiano repubblicano Marino Pascoli. La vicenda, nonstante siano trascorsi settantanni, resta ancora avvolta nella nebbia: dell’omicidio furono accusati prima la findanzata di Pascoli e successivamente due partigiani suoi compaesani, in seguito assolti.

Un mese dopo l’omicidio, a seguito del clamore che l’attentato aveva suscitato nell’opinione pubblica e tra gli ex partigiani, ebbe luogo la clamorosa scissione dell’ANPI dei partigiani non comunisti i quali, repubblicani e cattolici in testa, fondarono altre associazioni – FIAP e FIVL

“Ad perpetuam rei memoriam” nel 1949 è stato eretto un cippo sul luogo dove Marino Pascole cadde, ferito a morte.

Immagine da Flickr (ZioWoody).

 


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