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☆ La dittatura del carino

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Su suggerimento di @Issa

Partendo da una vignetta dei Peanuts, Guido Vitiello si interroga sulla rilevanza di quelle categorie estetiche – per l’appunto il carino, ma anche l’interessante – che sostituendosi progressivamente al bello e al sublime ci permettono di evitare l’incontro-scontro con l’arte e con la bellezza, neutralizzandole, al prezzo forse del nostro spirito critico.

Sono categorie minori, ma non per questo marginali; semmai, dice Ngai, triviali, tipiche di una cultura dove sono crollati gli argini tra arte e consumo, arte e design, arte e vita quotidiana, tra la hegeliana «domenica della vita» e la prosa dei giorni feriali, e dove è sempre più difficile, per l’estetica, fare provincia a sé e rivendicare confini certi. […] Il carino, l’interessante e il bizzarro sono la moneta corrente spesa nelle conversazioni, nei giudizi informali, nelle chiacchiere del dopo mostra o del dopo film, ma anche il puntello delle recensioni e della critica d’occasione, che ha sempre bisogno di un carnet di aggettivi-tappabuchi.

 


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