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Quanto è grande un protone?

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A cura di @ulrich.

Come è ben noto il protone, ossia il nucleo di un atomo di idrogeno e uno dei due componenti (l’altro è il neutrone) di ogni nucleo atomico, non è, strettamente parlando, una particella elementare: è costituito da tre quark “principali”, detti “di valenza”, e da un numero imprecisato di quark, antiquark e gluoni “di mare”. Parlare quindi delle sue dimensioni, o del suo raggio, sembra quindi abbastanza improprio. La cosa acquista però significato a basse energie: in questo limite, quello dell’esperienza ordinaria, ha senso pensare il protone come una “sferetta” con un certo raggio, una certa massa e carica elettrica +1. Chiedersi dunque quali siano le dimensioni di un protone è una domanda perfettamente legittima.

In passato si usavano due tecniche diverse per misurare il raggio del protone: la prima prevede l’uso della normale spettroscopia atomica. Semplificando molto, si misurano i livelli di energia di un atomo di idrogeno: questi livelli dipendono dal raggio del protone, perché per esempio gli elettroni in orbitali s passano un po’ di tempo “dentro” al protone, e quanto tempo ci passano (e quindi il relativo livello d’energia dello stato) dipende dal raggio. Nella seconda tecnica invece si bombardano nuclei di idrogeno con elettroni di bassa energia, e si studia il modo in cui “rimbalzano” sui nuclei stessi. Le due misure convergono verso un valore comune, pari a circa 0,8768 fermi (un fermi è uguale a un femtometro, cioè 10-15 metri.

La sorpresa è arrivata pochi anni fa: un gruppo di ricerca al Paul Scherrer Institute, in Svizzera, ha usato la tecnica spettroscopica ma su atomi di idrogeno un po’ particolari: in pratica hanno creato un idrogeno “muonico”, in cui al posto dell’elettrone c’è un muone, che è uno dei due cugini più pesanti dell’elettrone. Le interazioni elettromagnetiche dei due devono però essere le stesse, secondo il modello standard. L’idea è che essendo il muone molto più pesante dell’elettrone, passerà in media molto più tempo vicino al nucleo, e quindi molto più dempo “dentro” il protone, migliorando la sensibilità della misura. L’impiccio viene dal fatto che il nuovo risultato è del 4% più piccolo del valore oramai accettato, e la differenza è ben superiore alle famigerate 5 sigma.

In questo articolo su Le Scienze viene descritto un recente esperimento spettroscopico con idrogeno ordinario, effettuato però con tecniche nuove e molto più raffinate delle precedenti. Il risultato è… Vi lasciamo la sorpresa.

 


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