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Questioni di forma – di @Bee

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Ho scritto questo articolo per parlarvi di un argomento che, pur essendo non molto noto, ha delle conseguenze estremamente importanti sulla forma della vita sulla Terra ed anche sulla sua molteplicità.
Se ci guardiamo attorno nella realtà che ci circonda potremo renderci subito conto che esistono oggetti la cui immagine speculare non è sovrapponibile all’originale, cioè che ci sono casi in cui la coppia costituita da ‘oggetto – immagine speculare dell’oggetto’ è fatta da due oggetti distinti e non da un unico oggetto ripetuto identico per due volte.
Un esempio classico di quanto sto dicendo è costituito dalle due mani: possiamo vedere una delle due come l’immagine speculare dell’altra e notare che le due mani non sono sovrapponibili, cioè che non si possono mettere a contatto in modo da farle sovrapporre in modo totale.
Se state pensando che posso sovrapporle unendo i due palmi non state considerando che, anche se avete sovrapposto i palmi, non avete sovrapposto i dorsi, che restano rivolti uno da una parte e uno dall’altra anziché essere rivolti entrambi dalla stessa parte.
Le mani costituiscono, quindi, una coppia di oggetti speculari non sovrapponibili e vengono chiamate chirali (dal greco chèir che significa mano), e possiamo estendere questa definizione a tutti quegli oggetti la cui immagine speculare è non sovrapponibile all’originale, e che sono quindi ‘come le mani’.
Ovviamente, oggetti chirali saranno anche ad esempio i piedi e in generale tutti quegli oggetti (come viti, cavatappi, eliche, scarpe, guanti e così via) per i quali l’immagine speculare è non sovrapponibile all’originale.
E’ da notare che tutti questi oggetti sono caratterizzati dal non avere un piano di simmetria, cioè dall’essere privi di un piano immaginario che li divida in due parti uguali.
Caratteristica di queste coppie di oggetti è che i due ‘individui’ (che vengono chiamati enantiomeri dal greco enantìos, opposto), pur essendo estremamente simili tra di loro, non sono tuttavia in alcun modo interscambiabili: tutti noi conosciamo il disagio che si prova quando ci s’infila per errore il guanto destro sulla mano sinistra o viceversa, oppure quando ci s’infila la scarpa ‘sbagliata’ (termine che di per sé indica efficacemente che due coppie associate di oggetti chirali (piedi e scarpe, in questo caso) non possono essere combinate a caso, ma va rispettata la combinazione corretta).

Bene, passiamo ora a vedere che cosa succede a livello molecolare quando si ha a che fare con una situazione come quella che ho appena descritto, cioè quando si verifica il caso di molecole la cui immagine speculare è non sovrapponibile all’originale.
La vita sulla Terra è basata sul carbonio, e quando l’atomo di carbonio si lega ad altri atomi per formare delle molecole andrà a formare quattro legami (“Perchè proprio quattro?” potreste chiedervi a questo punto. E io vi risponderei che è a causa del numero di elettroni che il carbonio ha a disposizione per formare i legami, numero che è una caratteristica di ciascuna  specie atomica).
Ora, se un atomo deve formare quattro legami equivalenti tra loro con quattro altri atomi, c’è un unico modo in cui può disporre nello spazio questi quattro legami in modo che siano equidistanti tra loro (non dimentichiamo che i legami son fatti da coppie di elettroni e quindi in pratica abbiamo quattro cariche elettriche dello stesso segno che ovviamente tenderanno a stare il più possibile lontane tra loro).
La geometria ci dice che l’unico modo in cui questi quattro legami si possono disporre nello spazio in modo da essere equidistanti è il tetraedro:  http://www.chimicare.org/curiosita/wp-content/uploads/2013/03/struttura-molecolare-tetraedrica.jpg

Guardando l’immagine di sinistra (che rappresenta una struttura che è praticamente quella che viene utilizzata nei chiodi a quattro punte usati nei vecchi film di avventura: in qualunque modo li si butti ci son sempre tre punte rivolte verso il basso ed una rivolta verso l’alto) si può immaginare la palletta centrale come l’atomo di carbonio e le quattro alle estremità come i quattro atomi ad esso legati.
A questo punto, se noi immaginiamo di legare al carbonio centrale quattro atomi che siano diversi tra loro otteniamo una struttura tridimensionale che non ha alcun piano di simmetria che la divida in due parti uguali, e quindi otteniamo un oggetto chirale che esisterà come coppia di enantiomeri, cioè la coppia costituita dall’oggetto stesso e dalla sua immagine speculare non sovrapponibile.
Una coppia di enantiomeri è costituita da due molecole molto simili, così simili che molte delle loro proprietà sono uguali: ad esempio hanno la stessa solubilità e la stessa temperatura di fusione, tuttavia non sono due molecole identiche più di quanto siano identiche la mano destra e la mano sinistra.

Quando due molecole differiscono tra loro soltanto per avere una differente disposizione nello spazio dei gruppi che le compongono vengono definite stereoisomeri, gli enantiomeri (molecole che sono l’una l’immagine speculare, non sovrapponibile, dell’altra) sono un particolare tipo di stereoisomeri che vengono chiamati anche isomeri ottici a causa di una proprietà ottica che li differenzia l’uno dall’altro.
Una coppia di enantiomeri ha la proprietà di essere in grado di interagire con la luce piano polarizzata (cioè con una luce il cui campo elettrico vibra su un unico piano) facendone ruotare il piano di polarizzazione di un angolo che dipende dal tipo di sostanza esaminata; uno dei due enantiomeri farà ruotare il piano di polarizzazione di quel certo angolo verso destra (sarà, cioè, destrogiro), mentre l’altro enantiomero lo farà ruotare dello stesso angolo, ma verso sinistra (e sarà quindi levogiro).
Ovviamente, se ho una miscela 1:1 dei due enantiomeri l’angolo di rotazione della luce piano polarizzata sarà pari a zero, quella miscela viene chiamata miscuglio racemico.
Il problema del nome da assegnare a ciascun enantiomero all’interno di una coppia (problema non piccolo, ché i due enantiomeri differiscono tra loro soltanto per la disposizione nello spazio degli stessi gruppi) è stato risolto mediante l’introduzione di regole, con le quali non vi tedierò, mediante le quali ad uno dei due enantiomeri viene assegnata la sigla R, e all’altro la sigla S.
Regole più vecchie, risalenti ai lavori di Emil Fisher sui carboidrati e sugli amminoacidi alla fine del Diciannovesimo secolo, assegnano ai due enantiomeri di una coppia le sigle D ed L, e queste sigle sono tuttora in uso per i carboidrati e gli amminoacidi.
Ovviamente, qualunque sia la convenzione che viene utilizzata per dare il nome alle coppie di enantiomeri, non esiste alcuna correlazione tra il nome che si dà a ciascun enantiomero e il suo essere destrogiro o levogiro: il nome che si dà ad una molecola dipende dalla convenzione che si decide di usare (e quindi potrebbe benissimo essere anche un nome di fantasia come Cenerentola o Baloo), mentre la capacità di far ruotare il piano di polarizzazione della luce verso destra o verso sinistra è una proprietà intrinseca della molecola e se la si vuole determinare occorre  misurarla.
In pratica, se un enantiomero è D, niente garantisce che sarà anche destrogiro, e analogamente se è L niente garantisce che sarà anche levogiro (e lo stesso discorso vale se si assegnano le sigle R ed S): in entrambi i casi per determinare il verso della rotazione sarà necessario fare la misura sperimentale, né più né meno di quanto sia necessario fare la misura del punto di fusione di una sostanza di cui lo si ignori ma di cui si conosca il nome.

Andiamo ora a vedere come questa particolare proprietà di alcune molecole assuma un’enorme importanza per la vita sul nostro pianeta.
Sulla Terra le forme di vita sono costituite da svariati tipi di molecole, tra le quali un ruolo fondamentale è svolto da macromolecole chiamate proteine che sono costituite da unità, chiamate amminoacidi, legate in sequenza (in pratica, possiamo vedere una proteina come una specie di ‘collana’ che si ottiene legando l’una di seguito all’altra delle ‘perle’ che sono gli amminoacidi).
Ciascuna di queste unità costituenti, ciascuno di questi amminoacidi, altro non è che un carbonio tetraedrico con quattro sostituenti diversi tra loro, e quindi altro non è che una molecola chirale che quindi esiste come coppia di enantiomeri, ne potete vedere un esempio in quest’immagine, che tra l’altro offre un bel richiamo al discorso sulle mani che abbiamo appena fatto: http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/e8/Chirality_with_hands.svg/440px-Chirality_with_hands.svg.png

Ciascuno degli amminoacidi (sono in tutto una ventina), che in natura vanno a costituire l’enorme quantità e varietà di proteine che caratterizzano la grandissima molteplicità di forme di vita sul nostro pianeta, è costituito da un atomo di carbonio centrale a cui son sempre legati un idrogeno (H) un gruppo carbossilico (COOH) ed un gruppo amminico (NH2); ciò che differenzia questa ventina di amminoacidi l’uno dall’altro è il gruppo R, che è comunque costituito da gruppi di atomi piuttosto piccoli (come carbonio ed idrogeno, in alcuni casi anche  azoto e/o ossigeno, più raramente zolfo).
E’ il tipo di gruppo R che caratterizza l’amminoacido e lo rende diverso dagli altri e, qualunque sia il gruppo R presente, l’amminoacido sarà una molecola in cui il carbonio centrale è legato a quattro gruppi diversi tra loro e quindi sarà una molecola chirale, e quindi ciascun amminoacido esisterà come coppia di enantiomeri.
A questo punto apro una piccola parentesi per farvi notare che in un unico caso potrò avere un amminoacido non chirale, ed è il caso in cui il gruppo R sia un idrogeno (H): in quel caso, infatti, i quattro sostituenti non son più tutti e quattro diversi tra loro e la molecola risultante avrà quindi un piano di simmetria (quello che ‘taglia’ in due la molecola passando per i gruppi COOH ed NH2) che la divide in due parti che, se R=H, saranno uguali.

Gli amminoacidi che costituiscono le proteine sono legati gli uni agli altri mediante il legame peptidico (che unisce il gruppo COOH di un amminoacido al gruppo NH2 del successivo) che è un legame così resistente da avere un parziale carattere di doppio legame, così che i vari amminoacidi che compongono la catena proteica non sono liberi di ruotare l’uno rispetto all’altro ma sono costretti ad assumere una disposizione rigida nello spazio.
Immaginate infatti che la ‘collana’ che costituisce la proteina sia composta da una successione di ‘perle’, cioè i tetraedri, che potranno essere di una ventina di tipi (sono i venti amminoacidi, i tetraedri che ne rappresentano la struttura saranno diversi l’uno dall’altro in base al gruppo R che contengono), legati l’uno all’altro per mezzo di ‘sbarrette’ rigide (i legami peptidici) che uniscono un vertice di un tetraedro col  vertice del tetraedro successivo e che impediscono ai tetraedri di ruotare l’uno rispetto all’altro.
In questo modo la catena della proteina assumerà una forma non casuale né mutevole, ma che sarà invece piuttosto rigida e dipendente dal tipo e dalla sequenza degli amminoacidi che la compongono e che già di per sé non presenterà un piano di simmetria e quindi sarà essa stessa chirale.
Se consideriamo infatti l’unico amminoacido non chirale (quello nel quale R=H) ed immaginiamo di legare l’una all’altra tante molecole uguali di quello stesso amminoacido, vediamo che la catena che otteniamo si disporrà a formare un’elica e quindi una struttura senza piani di simmetria e quindi di per sé chirale e quindi esistente come coppia di enantiomeri nonostante nessuno degli amminoacidi che la compongono sia chirale.
E’ perciò evidente che con queste premesse la molteplicità delle proteine che si possono ottenere è enorme.
Un ulteriore fattore di differenziazione è dato dal fatto che le proteine degli organismi viventi sono costituite soltanto da uno dei due enantiomeri possibili per ciascun amminoacido, ed in particolare tutte le proteine delle varie forme di vita contengono soltanto L amminoacidi (tranne che nel caso del veleno di alcuni serpenti o nelle tossine di alcuni funghi).
E a questo punto, avendo a disposizione una ventina di amminoacidi o poco più è ipotizzabile un’infinita serie di proteine che saranno completamente diverse l’una dall’altra e che si potranno ottenere semplicemente variando il numero, il tipo e la sequenza degli L amminoacidi di ciascuna molecola.
E’ sorprendente pensare che le proteine di tutti gli esseri viventi (quindi ad esempio quelle degli esseri umani e quelle, che so, delle aragoste o delle querce) sono costituite dagli stessi identici 20 amminoacidi e che quello che cambia è soltanto il numero, il tipo e la sequenza degli amminoacidi all’interno di ciascuna proteina.
E le proteine che si ottengono sono anch’esse prive di piani di simmetria e quindi possono esistere anch’esse come coppie di enantiomeri, e, dal momento che è presente un solo enantiomero di ciascun amminoacido, anche la proteina sarà uno solo dei due enantiomeri possibili, e questo fatto apre un’infinita gamma di possibilità per tutta una serie di reazioni, coinvolgenti le proteine, che si basano su un principio chiave – serratura: soltanto la proteina con la forma giusta e con i gruppi che devono reagire orientati nel modo giusto potrà entrare nella zona prevista per la reazione e farla avvenire, né più né meno di una chiave che potrà entrare nella serratura e girarvi soltanto se è la chiave ‘giusta’.
Questo fatto provoca un enorme aumento di selettività, al punto che, se per ipotesi si provasse a nutrire un essere umano con cibo contenente proteine costituite da D amminoacidi anziché da L, il poverino morirebbe di fame perché queste proteine sarebbero l’immagine speculare di quelle necessarie per entrare nei siti di reazione e quindi sarebbe impossibile che ci entrassero e reagissero né più né meno di come sarebbe impossibile aprire una serratura usando la chiave speculare di quella giusta.

E sfruttando la forma delle molecole si può ‘ingannare’ l’organismo, come nel caso del dolcificante ipocalorico aspartame, che è una molecola completamente diversa dallo zucchero,  ma che ha un’analoga forma tridimensionale grazie alla quale riesce ad entrare nei recettori del sapore dolce che abbiamo in bocca (sono dei siti particolari grazie ai quali la sensazione dei sapori (dolce, salato, aspro, amaro e umami) arriva al cervello), e quindi può essere utilizzato per dolcificare i cibi senza usare zucchero, che ha molte più calorie dell’aspartame.
E la selettività legata alla forma tridimensionale delle molecole è tale, nel caso dell’aspartame, che basta staccare un piccolo ‘pezzo’ di questa molecola (cosa che può avvenire ad esempio con un riscaldamento prolungato) perché il prodotto non abbia più la forma giusta per entrare nei recettori del sapore dolce ma entri invece in quelli del sapore amaro, e per questo motivo non è consigliabile utilizzare aspartame come dolcificante nelle preparazioni da forno.
E sempre grazie alla forma delle molecole si possono anche creare dei farmaci di forma tale che possono andare a reagire solo e soltanto in determinati siti di reazione dando solo e soltanto un certo tipo di reazione, mentre sostanze simili a quel farmaco ma non uguali non riusciranno ad entrare nel sito e quindi a reagire, e la complessità delle reazioni coinvolte è tale che a volte può accadere che se la forma non è quella giusta il farmaco, anziché essere inattivo, sia addirittura dannoso: è il caso del talidomide, un farmaco per la cura delle nausee perniciose in gravidanza, che disgraziatamente all’interno dell’organismo viene coinvolto in reazioni che lo trasformano nel suo enantiomero il quale sfortunatamente è teratogeno, cioè provoca malformazioni nel nascituro.
E ancora: la forma di queste molecole è così legata alla loro funzione biologica che se per ipotesi dovessero perdere la loro forma nativa (cioè se si dovessero denaturare) anche la funzione verrebbe compromessa, e un bell’esempio di questo fatto è dato da quello che succede con una proteina molto grande e complessa, l’emoglobina presente nel sangue, che è molto sensibile agli effetti del calore e si denatura a temperature superiori ai 40 gradi centigradi ( e questo fa sì che sia così pericoloso il fenomeno della febbre molto alta).
Quando avviene la denaturazione dell’emoglobina la molecola perde la sua capacità di sciogliersi in acqua, e quindi se si lavano le macchie di sangue su un tessuto usando acqua troppo calda la temperatura eccessiva farà sì che non sarà più possibile toglierle dal tessuto, quelle macchie, perché l’emoglobina non si scioglierà più.

Insomma, è grazie alla struttura tetraedrica dell’atomo di carbonio (e quindi, in definitiva, grazie ad una proprietà geometrica) che la vita sulla Terra ha un’enorme molteplicità, e quello delle proteine è soltanto uno dei casi in cui questa proprietà geometrica è alla base della molteplicità e della selettività.
Un altro caso è quello dei carboidrati: caso ancor più complesso, ché con i carboidrati si è in presenza di più di un atomo di carbonio chirale e quindi le possibili disposizioni nello spazio sono assai di più di quelle della coppia di enantiomeri, ma di questo magari vi parlerò in un altro articolo, se vorrete.

Immagine da Wikimedia Commons.


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