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Medicae. Donne medico nell’antichità

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Un breve articolo di Martina Cammerata sul sito Tribunus espone la questione delle dottoresse che svolgevano la loro attività nel mondo romano.

Pur trovandosi scarse fonti letterarie, tra cui delle menzioni presenti nelle opere di Galeno riguardo una dottoressa che aveva inventato un farmaco, fonti per lo più risalenti alla tarda antichità, il ritrovamento di una non piccola quantità di epigrafi e iscrizioni ci consente di affermare l’esistenza nel mondo antico di donne medico.

Questo articolo cerca di sfatare il consolidato topos, del resto già esistente nel mondo antico, per cui alle donne, in epoca romana, che esercitavano una professione medica, non era concessa alcuna fiducia, almeno che non si comportassero come un uomo (more virum). Ausonio, ancora nella tarda antichità, ricordando affettuosamente la zia materna Aemilia Hilaria, virgo devota e dedita all’arte medica, dice: “reddebas verum non dissimulanter ephebum, more virum medicis artibus experiens“. In alcuni studi recenti, si tende a considerare il termine medica come un sinonimo di obstetrix, e dunque a restringere il campo d’azione delle donne medicae solo al campo dell’ostetricia e della ginecologia; ma l’esistenza di termini diversi nella lingua latina deve per forza far supporre che queste donne svolgevano in realtà attività differenti.

Queste professioniste erano attive in diversi settori della professione medica, non limitandosi necessariamente alla sola attività di ostetriche e dottoresse dedicate a curare problemi prettamente femminili, anche se sembra che tale lavoro il più delle volte non venisse svolto in piena autonomia, ma in genere collaborando con medici uomini che frequentemente erano loro parenti.

Un iscrizione ci consente di affermare l’esistenza di una medica castrensis ovvero una dottoressa da campo che era incaricata di curare i legionari e altre epigrafi testimoniano di altre donne con altre specializzazioni come dentista e oculista.

La Nuova Rivista di Storia della Medicina tratta il tema delle donne medico nel mondo romano in un articolo a cura di Mela Albana, professore associato si Storia Romana presso l’Università di Catania:

Le fonti letterarie ed epigrafiche attestano in maniera inequivocabile che la professione medica nel mondo romano era accessibile anche alle donne. Medicae e obstetrices erano presenti a Roma sin dall’età tardo-repubblicana, benché le loro competenze e il ruolo sociale svolto non appaiano sempre chiari; in particolare, si discute se i due termini siano da considerarsi sinonimi, e quindi sovrapponibili, o stiano ad indicare professioniste con un differente grado di preparazione e di abilità. Scoperte epigrafiche, indagini antropologiche e ritrovamenti di strumenti medici in tombe femminili mostrano che le medicae non si limitavano all’assistenza al parto e all’ambito ostetrico ma esercitavano la medicina a tutto campo: curavano le patologie femminili ed erano anche chirurghe, dentiste e oculiste.

L’articolo sottolinea come le ragioni per cui alle donne era consentito di accedere alla professione fossero legate a tabù riguardanti la sfera sessuale:

Sembra comunque che l’ossessione di salvaguardare la sfera sessuale e intima femminile sia stata la motivazione principale che avrebbe consentito a un certo numero di donne di istruirsi e accedere alla professione medica. Del resto anche Celio Aureliano, intorno al 400 d.C., ribadirà che l’istituzione delle medicae è dovuta alla preoccupazione di rispettare il pudore delle donne. Vari testi mostrano la complessità del rapporto del medico con pazienti di sesso femminile, per cui spesso per pudore le donne ritardavano a consultare il medico con grave danno per la loro salute. Non erano tuttavia le medicae ad occuparsi in maniera esclusiva delle donne: in caso di necessità, per un parto complicato o per malattie comuni anche agli uomini, si faceva ricorso all’intervento di medici, ritenuti più competenti.


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