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Scrivere i poveri

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Su Il Tascabile, la recensione di Veronica Raimo del libro I poveri, l’ultimo lavoro nato dalla penna del giornalista e scrittore statunitense William T. Vollmann e basato su una sua indagine sulla povertà.

I poveri di Vollmann, edito da minimum fax nella traduzione di Cristiana Mennella, è un saggio sul concetto di povertà indagato attraverso una serie di interviste in diverse parti del mondo (Usa, Messico, Giappone, Thailandia, Yemen, Kenya, Russia… ) tra il 1992 e il 2005. Nell’introduzione al libro, Vollmann fa subito una dichiarazione di intenti:

Questo saggio sui poveri è stato scritto con uno spirito diverso: non per spiegare la povertà in base a un sistema né per erigere un monumento da affiancare al Capitale nel cimitero dei pensieri svuotati.

Lo spirito diverso di cui parla fa riferimento al suo lungo saggio sulla violenza, Come un’onda che sale e che scende. Pensieri su violenza, libertà e misure di emergenza, dove Vollmann cercava di “valutare le molteplici ma non certo infinite categorie di giustificazioni della violenza”. I poveri, sebbene tenti una classificazione della povertà attraverso otto “fenomeni” (Invisibilità, Deformità, Indesiderabilità, Dipendenza, Vulnerabilità, Dolore, Torpore, Separazione), non ha la pretesa di creare un apparato teorico coerente ed esaustivo.

Ammettere un deficit di completezza è lo stratagemma usato da Vollmann per portare avanti la sua indagine e spostare la seduzione di un’inchiesta sulla povertà verso una riflessione di tipo etico rispetto alla possibilità stessa di rappresentare i poveri.

Immagine di Indraneel Pawar da Pixabay 

 


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