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Il prisma metaironico

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A cura di @Lami (modificato).

Era il 1994, e Michael Stipe dei REM, sulle note di “What’s the Frequency, Kenneth?“, cantava You said that irony was the shackles of youth. Un po’ più autorevolmente, in un’intervista rilasciata appena l’anno precedente, David Foster Wallace asseriva che “Postmodern irony and cynicism’s become an end in itself, a measure of hip sophistication and literary savvy”.

A questo proposito, Simone Sauza, dalle colonne de L’Indiscreto, opera una disamina dell’ironia come mezzo di decostruzione del significato in rete e delle sue conseguenze sulla società odierna. Secondo Sauza, l’ironia come meccanismo disvelatorio del potere avrebbe smesso di funzionare quando

con la fine della modernità decade anche una percezione lineare della storia e del tempo tipicamente illuminista. La cosiddetta post-modernità non si presenta tanto come una fase successiva della storia, quanto come l’arrestarsi stesso del tempo storico. Basti pensare alla pletora di ritorni-a, di revival, tanto in ambito politico che musicale o letterario, a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni.

Questo fenomeno, esasperato dalla rete, avrebbe portato a una situazione per cui

la postmodernità altro non è che questo enorme gioco-labirinto del ricombinare, citare, del cut-up, organizzato come logica culturale. Il postmoderno sconnette, decontestualizza, frammenta la realtà. […] un gigantesco maelstrom ironico bidimensionale. Ecco, decenni di fruizione televisiva hanno fatto sì che questo “logos” permeasse il modo di pensare e di interagire della gente.

Tutto questo, spiega Sauza, ha riflessi importanti sul mondo, non ultima la realtà politica, come mostra il caso dei Social Justice Warriors. Questi ultimi, impegnanti nella costruzione di un discorso pubblico politicamente corretto, e quindi prescrittivo, sarebbero per questo motivo la prima e preferita vittima della meta-ironia. Quest’ultima, a sua volta, sarebbe spesso percepita come uno strumento di destra:come nel caso del j’accuse di Luttazzi contro Lo Sgargabonzi, o di questo articolo di Alessandro Lolli contro la pagina facebook Bispensiero.

Inoltre, secondo Sauza, in almeno un caso di magnitudine impressionante, la meta-ironia di destra lo sarebbe stata davvero:

“Ecco cosa faremo domani. Dobbiamo pensare a un buon hashtag da usare e dobbiamo avere tutti i nostri meme pronti all’uso”. Queste sono parole di Mike Cernovich, tra i nomi chiave dell’Alt-right, un movimento politico di estrema destra alternativo al tradizionale mondo neo-con, che è stato fondamentale nell’ascesa di Donald Trump.

Sauza ritiene che, pur dimenticando i pericoli di eccessiva semplificazione, la sinistra abbia la necessità di reintrodurre questa forma di comunicazione in maniera massiccia nel proprio discorso. Qualche esempio esiste già, e l’autore ne indica persino esempi nostrani; anche se, nella maggior parte dei casi,

questa sinistra sembra avere come orizzonte politico quello dell’emergente populismo di sinistra (nel senso non dispregiativo di Laclau-Mouffe): come nei casi di Bernie Sanders e Jeremy Corbyn.

Immagine da Pixabay.

 


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