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I machi del Cile, un caso di studio

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Lisa Signorile su Le Scienze Blog ci parla di sesso e identità di genere e dell’influenza della nostra cultura sulle ricerche a riguardo.  I biologi si confrontano continuamente con questi problemi di identificazione sia che si occupino del mondo animale, sia che lavorino con le piante o i funghi.

Certo le caselle maschio/femmina fanno comodo, e il sesso cromosomico XX/XY si conforma perfettamente con la visione binaria della società occidentale in cui i maschi sono maschi, le femmine sono femmine, e le cose nel mezzo sono un errore sperimentale. Semplice, comodo, etichettabile e decisamente irreale. I problemi con le caselle cominciano ad arrivare coi casi di determinazione non cromosomica del sesso, per esempio quando si è maschi o femmine in base alla temperatura di sviluppo dell’uovo, come nel caso degli alligatori.

Il sesso di appartenenza può essere influenzato dall’ambiente in fase embrionale e ci sono casi in natura in cui gli individui passano da essere femmine, a essere maschi o addirittura a forme intermedie. Vi sono poi l’ermafroditismo, l’ermafroditismo sequenziale, o animali che possono avere popolazioni maschio/femmina, ermafrodita/femmina e maschio/ermafrodita. Per non parlare di altri fenomeni altrettanto complicati.

Ci sono quelle creature che attraversano una fase di riproduzione asessuata, con un individuo apposito, che si alterna a individui sessuati maschi e femmine. Poi ci sono creature che sono solo femmina da milioni di anni, come i rotiferi bdelloidei, e fanno sesso necrofilo, cioe’ prendono pezzettini di DNA da individui morti (il terribile incubo delle tragiche notti di luna piena di Pillon). Poi ci sono lucertole lesbiche che fanno le uova solo dopo sesso omosessuale, e non esistono maschi.

La complessità e le sfumature nella specie Homo sapiens è ancora maggiore, diffusa in tutto il pianeta sin dai tempi più remoti. A questo proposito i machi, i leader religiosi dei Mapuche del Cile (un tempo chiamati Araucani) sono un caso di studio interessante.

Ogni gruppo mapuche ha due leader, uno politico, l’altro spirituale, e i leader spirituali vengono chiamati machi e costituiscono il focus del nostro caso di studio. Il dio della religione dei mapuche é uno e quadrino (sono ferma a trino, non so se quadrino sia una parola italiana, ma serve allo scopo). Il creatore, chiamato Nguenechen, possiede quattro manifestazioni contemporaneamente, quelle di un uomo anziano, di una donna anziana, di un uomo giovane e di una donna giovane.

La figura sciamanica é prevalentemente femminile ma ci sono anche alcuni uomini. Le donne, malgrado si possano sposare e avere figli, vengono tuttavia considerate mascolinizzate e non esattamente cis-etero, per usare un linguaggio e delle caselle che capiamo. Questo perché devono poter fare da tramite anche con le rappresentazioni maschili. Gli sciamani uomini invece sono “femminilizzati”, se mi si passa la brutta espressione, si vestono da donna durante le cerimonie (e a volte non solo durante le cerimonie), rimangono celibi e noi occidentali li definiremmo “queer”. La nostra definizione tuttavia non si applica fino in fondo in quanto non tutti gli uomini gay o gender fluid diventano machi, e quelli che non lo fanno tendono a rimanere closeted. I machi, uomini o donne che siano, aggiungono una dimensione spirituale alla loro (fluida) identità di genere che a noi è piuttosto difficile da comprendere. Per diventare machi si viene di solito selezionati sin da bambini e si deve effettuare un apprendistato che termina con una cerimonia di iniziazione, quindi non si diventa machi perché si é queer, ma piuttosto é vero il contrario, un machi deve diventare gender fluid per mantenere la comunione col divino. Il genere non deve dipendere più dal sesso cromosomico, ma diventa ambiguo e connesso con la spiritualità, una comunione con tutto lo spettro della natura maschile e femminile, una coesistenza con tutte le sfaccettature di genere.


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