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Superbonus, esodati e conflitti d’interesse

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Due dibattiti collegati sugli effetti del Superbonus. Carlo Canepa, su Pagella Politica, parla dei costi per lo Stato: spesso i difensori della misura sostengono che questi costi siano compensati in larga parte da maggiori entrate, sotto forma di imposte e contributi. Le stime di un 70% che si sentono spesso in giro provengono però da degli studi promossi da società che offrono servizi per la gestione di questi crediti, e che hanno quindi un chiaro incentivo a mettere in buona luce questa misura:

Ricapitolando: le stime che circolano da mesi sul Superbonus, rilanciate da molti politici, sono perlopiù realizzate da enti o società che hanno un potenziale conflitto di interessi con le misure che cercano di valutare. Quando si parla di organismi indipendenti, il punto di riferimento sono realtà come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio, che negli scorsi mesi hanno prodotto stime meno ottimistiche sugli impatti dei bonus edilizi. Il 21 febbraio, in un’audizione in Senato, il capo del servizio Assistenza e Consulenza fiscale della Banca d’Italia Giacomo Ricotti ha dichiarato, a proposito del Superbonus, che «anche tenendo conto delle imposte e dei contributi sociali versati a fronte dell’aumento dell’attività del settore, gli oneri della misura per il bilancio pubblico restano comunque ingenti».

Gianluca Oreto invece si occupa del concetto di “esodati del superbonus”, rispondendo alle argomentazioni di Enrico Zanetti. Zanetti scriveva che non c’era mai stata un’effettiva garanzia, per chi aveva avuto accesso al superbonus, di riuscire a cedere i propri crediti d’imposta a terzi, e che quindi non si potesse sostenere che chi ora non riusciva a farlo fosse stato truffato dallo Stato. Oreto sostiene invece che la comunicazione pubblica dello Stato abbia veicolato tutto un altro messaggio, promuovendo l’idea che fosse sempre possibile cedere il proprio credito, e che le misure del governo Draghi che ne limitavano la cessione abbiano tradito la fiducia del pubblico.

Tanto si sarebbe potuto fare e tantissimo non si è fatto a parte puntare il dito contro una misura che ha certamente funzionato e che necessitava solo di maggiore esperienza.

La decisione, invece, è stata eliminare la cessione del credito, dimenticarsi dell’esistenza di chi è rimasto vittima di un sistema perverso e sperare che prima o poi la bolla possa sgonfiarsi da sola.

Ma la bolla potrà mai sgonfiarsi? Oppure è lecito attendersi che qualsiasi nuova misura non potrà mai funzionare senza la fiducia di chi la deve utilizzare?

Come si suole dire, ai posteri l’ardua sentenza!


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