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L’esempio di Maria Edgarda Marcucci

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Su Il Tascabile, Franco Palazzi ci parla di Rabbia proteggimi, il libro autobiografico – pubblicato recentemente da Rizzoli Lizard – di Maria Edgarda Marcucci, l’attivista romana sottoposta a sorveglianza speciale dalla Procura di Torino per aver combattuto contro l’Isis al fianco dei curdi nella regione autonoma del Rojava.

Marcucci affronta due “fronti”, quello mediorientale e quello italiano – facendoli ora intrecciare ora alternare, seguendo il tracciato analogico dei ricordi, utilizzando una scrittura priva di filtri in cui si susseguono irregolari lampi letterari e gergalità romanesca, comunicati politici e improvvisazioni poetiche. Potrebbe essere utile, allora, seguire uno dei molteplici fili rossi che tengono insieme la narrazione dell’autrice, farne emergere l’importanza e la profondità spingendosi anche oltre quanto lei stessa non dica. Uno dei punti di forza della sua voce narrante è infatti il rigore scarno della testimonianza, la capacità di veicolare un vissuto biografico ma sovraindividuale, che risulta tanto più politico proprio perché non si intestardisce a mettere in posa il sé. Marcucci parla di un popolo e di un movimento dei quali è diventata a tal punto sorella da riconoscerne la preminenza rispetto alle sue stesse, notevoli traversie. Questa posizione chiama inevitabilmente in causa chi legge e ne sonda la disponibilità a lasciarsi sfidare dai tanti rimandi, dal turbinio di riferimenti alla storia italiana e internazionale che, ad averli seguiti fino in fondo, avrebbero condotto Marcucci fuori strada. Il nostro sarà, di conseguenza, solo uno tra i possibili approcci a un libro che impressiona per la sua eccedenza, lontanissima dalle tendenze ombelicali che caratterizzano l’attuale inflazione del memoir.


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