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Trump e la leadership di un culto distruttivo

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Questo articolo di Valigia Blu, a firma Giulia Blasi, analizza le affinità tra la leadership di Trump e il concetto di culto distruttivo.

…bisogna prima di tutto definire che cos’è un culto distruttivo, espressione che si sta progressivamente sostituendo a “setta” nell’identificazione di un’organizzazione che manipola e danneggia i suoi membri, spingendoli a compiere azioni antisociali e pericolose per sé e per gli altri. Anche se tutte le sette sono in qualche modo distruttive per i loro seguaci, l’espressione “culto distruttivo” è più precisa nell’identificare il tipo di setta che fa danni anche all’esterno, alla società, oltre che ai suoi membri.

L’articolo verifica se i tratti specifici dei culti distruttivi, dalla presenza di un leader carismatico e indiscutibile, al linguaggio riservato agli adepti, passando, tra le altre cose, per la capacità di manipolare la realtà, siano applicabili alla leadership di Trump.

Le conclusioni dell’analisi sembrano in effetti portare a identificare Trump come il leader di un culto:

Donald J. Trump è il leader di un culto? Nel senso più ampio possibile, sì: fede cieca, abusi, dissociazione dalla realtà, continue richieste di denaro e di manifestazioni di lealtà, tutto contribuisce a dipingere un quadro coerente con la maggior parte dei criteri per la definizione di un culto distruttivo. I dittatori, gli autocrati e i leader a cui sembra volersi ispirare sono personaggi molto vari, spesso guidati da un’ideologia coerente, per quanto sanguinaria, e da una visione di mondo chiara e identificabile oltre il culto della personalità. Donald Trump, al contrario, sembra essere del tutto amorale: il suo unico interesse è lui stesso, ogni cosa ruota intorno a lui, e anche la sua visione politica è priva di una direzione che non sia quella razzista, conservatrice e violenta del suprematismo bianco, e in questo è molto più simile al leader di una setta che a un politico vero e proprio.

L’analisi della Blasi si conclude con la considerazione che anche la sua eventuale sconfitta non eliminerebbe le profonde divisioni che si sono create nel paese.

La sua sconfitta, incarcerazione o rovina non cancellerebbe le profonde divisioni che si sono create negli Stati Uniti, decennio dopo decennio, da molto prima che lui vincesse le elezioni sull’onda di un momento favorevole e sfruttando un vuoto di leadership di un partito da tempo in declino. Ci sarà sempre un Trump pronto a sfruttare quel vuoto per il suo tornaconto personale: resta da vedere se sarà sempre lo stesso Trump, o uno simile con un nome diverso.


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