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Un numero crescente di nazioni europee adotta un approccio più cauto alle terapie di transizione per minori

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Un articolo di Forbes, curato da Joshua Cohen, racconta come sempre più le nazioni europee stiano adottando un approccio più cauto alle terapie di transizione di genere tra i minori, sopratutto rispetto a quanto attualmente avviene negli Stati Uniti, dove l’approccio ai trattamenti di transizione è dibattuto più per l’orientamento politico del governo statale (democratico o repubblicano), che per un rigoroso approccio scientifico.

Nel marzo di quest’anno, ad esempio, il Norwegian Healthcare Investigation Board ha annunciato che avrebbe rivisto le sue attuali raccomandazioni cliniche sulle cure di «affermazione di genere» per i minori. Le linee guida aggiornate limiterebbero l’uso di bloccanti della pubertà, terapie ormonali e interventi chirurgici correlati alla transizione alla ricerca clinica.

La Norvegia si unisce ad altre nazioni europee, come Finlandia, Svezia e Regno Unito, nell’introdurre limiti alla fornitura di questo tipo di terapie.

Caution with respect to gender-affirming care for minors may be warranted, as European experience indicates. A series of Europe-based systematic reviews of evidence for the benefits and risks of puberty blockers and cross-sex hormones have shown a low certainty of benefits. Specifically, longitudinal data collected and analyzed by public health authorities in Finland, Sweden, the Netherlands, and England have concluded that the risk-benefit ratio of youth gender transition ranges from unknown to unfavorable.

As a result, across Europe there has been a gradual shift from care which prioritizes access to pharmaceutical and surgical interventions, to a less medicalized and more conservative approach that addresses possible psychiatric co-morbidities and explores the developmental etiology of trans identity.

In particolare, in molti paesi europei l’accesso alle terapie ormonali è garantito solo se sussistono stringenti condizioni mediche per l’accesso, ed in generale in ambienti di ricerca estremamente controllati. Per esempio, in molti paesi europei l’accesso alle terapie ormonali può avvenire solo a partire dai 16 anni, e a seguito di numerose sedute di psicoterapia; inoltre le terapie chirurgiche non sono ammesse nei pazienti di età inferiore ai 16 anni.

L’articolo, inoltre, evidenzia le differenze nell’approccio Stati Uniti–Europa sul fornire o meno trattamenti ormonali a persone con meno di 18 anni: negli Stati Uniti prevale quello che viene chiamato affirmative model, nel quale il o la minore dichiara la propria transessualità, ed in base a questa affermazione i medici procedono con la somministrazione delle terapie.

In Europa l’approccio è più cauto e l’affirmative model non viene seguito, preferendo un approccio più restrittivo; in nessun paese europeo, tuttavia, è presente un divieto per l’accesso dei minori alle terapie per la transizione, come vorrebbero invece fare alcuni Stati degli USA, ponendosi così in contrasto con le rigorose linee guida europee.


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