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Se le banche dati strategiche sono un business

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Era il 26 aprile 2021 quando a Roma, alla Direzione centrale della polizia criminale, veniva inaugurata la nuova sala C-SOC (Cyber Security Operations Center) all’interno del Servizio per il Sistema informativo interforze.
“La nuova sala operativa, una struttura d’avanguardia, si occuperà di proteggere le banche dati interforze, da eventuali malfunzionamenti o da attacchi informatici, attraverso un complesso sistema di controlli e allarmi gestiti da software e operatori specializzati nell’analisi del funzionamento dei sistemi informatici”, recitava il comunicato della polizia [grassetti miei]. “La funzione del C-SOC è quella di vigilare sulla sicurezza dei sistemi informativi presenti nella Direzione centrale della polizia criminale, affinché tutte le informazioni possedute (sui documenti, sulle persone, sui veicoli) siano adeguatamente protette; nello stesso tempo garantisce la protezione dei dati personali per evitare che questi vengano dispersi”.

Si tratta di una struttura, definita d’avanguardia, finanziata dai fondi europei, “per la prevenzione e l’intervento tempestivo sugli incidenti alle banche dati delle forze di polizia, di natura accidentale, naturale o dolosa, come gli attacchi hacker”, spiegava nel 2021 la Rivista trimestrale di perfezionamento delle forze di polizia.

Si tratta probabilmente del Fondo di Sicurezza Interno 2014-2020 (che rientra nei fondi europei per la sicurezza) attraverso il quale nel 2018 viene finanziato il progetto e realizzazione del Cyber Security Operations Center delle Banche Dati del Sistema Informativo Interforze per quasi 2 milioni di euro, stando a un documento del Ministero dell’Interno visionabile online.

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