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Eros della guerra

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Il Tascabile pubblica un estratto dall’ultimo lavoro di Emiliano Brancaccio, Le condizioni economiche per la pace.

L’articolo affronta i movimenti di emancipazione durante il periodo di guerra. L’autore, Emiliano Brancaccio, docente di Politica Economica presso l’Università degli Studi del Sannio, discute le condizioni economiche per la pace. In un dialogo con Elisa Cuter, editor del Tascabile, emergono riflessioni sulla trasformazione dei messaggi pacifisti nel corso della storia.

Nel passato, slogan come “fuck for peace” e “make love, not war” avevano un grande impatto durante le proteste contro la guerra in Vietnam. Tuttavia, oggi questi motti sono diventati obsoleti e persino incomprensibili. L’atmosfera rivoluzionaria di quegli anni sembra essersi dissolta e l’ideologia dominante presenta nuove “evidenze” che rendono la rivoluzione apparentemente impossibile.

In sintesi, l’articolo esplora come il contesto storico influenzi la percezione dei messaggi di pace e come le parole stesse possano trasformarsi nel corso del tempo. La liberazione dell’amore contro la schiavitù della guerra, che un tempo funzionava, sembra ora fuori luogo e anacronistica.

Elisa Cuter: Un tempo si diceva “fuck for peace”, che in versione edulcorata e pubblicabile divenne “make love, not war” grazie a un’intuizione di Penelope Rosemont e altri attivisti, e poi fu riciclato in diverse varianti, tra cui la più hippy probabilmente era “put flowers in your guns”. Questi slogan ebbero un enorme successo mondiale alla fine degli anni Sessanta, nel pieno delle proteste contro la guerra in Vietnam. Viceversa, oggi non sono soltanto dei motti sbiaditi, sono proprio indicibili. Nemmeno il più gretto censore perderebbe tempo a passarci il bianchetto, visto che appaiono talmente assurdi che nessuno oserebbe farli entrare nel gergo pacifista. Insomma, mettere la liberazione dell’amore contro la schiavitù della guerra prima funzionava e adesso proprio no. Questo cambiamento mi pare un fatto rilevante, che rende la questione non di costume ma proprio politica, nel senso che sembra cogliere un mutamento storico essenziale. Quindi voglio domandarti: perché oggi anche solo sussurrare lo slogan “make love, not war” sembra un anacronismo senza senso, una roba da pazzi?

Emiliano Brancaccio: Perché all’epoca tutti mettevano il naso per aria e sentivano l’odore seducente della “rivoluzione”. Oggi la sensazione generale è che l’aria sia stata ripulita, sia diventata asettica, immune al morbo rivoluzionario. Questa sensazione non descrive necessariamente la realtà, eppure è reale: è una “evidenza”, nel senso ideologico che ci ha spiegato Althusser. La specificità dell’ideologia è esattamente quella di imporre senza averne l’aria, poiché presenta le “evidenze” come cose che non possiamo negare, di fronte alle quali ci viene solo di esclamare: “è evidente: la rivoluzione è impossibile”.


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