Su Prisma Magazine, le riflessioni di Paolo Caressa sull’importanza delle formule matematiche.
Il termine formula deriva dalle voci formulario e formulare, che un tempo si riferivano alle ricette mediche e alle prescrizioni legali che dovevano, appunto, rispettare una certa forma. Oggi il termine evoca immediatamente, specie nei non matematici, un aggregato di simboli parzialmente incomprensibili e inframmezzati da numeri e lettere. In generale, l’idea che si associa alle formule è di aridità, incomprensibilità e quindi diffidenza. Se chiediamo a una bimba o a un bimbo cosa sia una formula, probabilmente ci risponderà che si tratta delle parole magiche che fate, streghe e maghi usano per formulare (notare il verbo!) i loro incantesimi. Nell’immaginario infantile, la formula per antonomasia è quella magica. Rimpiangendo l’infanzia perduta, ciascuno di noi penserà con nostalgia alle formule magiche e agli incantesimi che, pure, confermano il carattere di incomprensibilità e diffidenza, visto che costituiscono una conoscenza a noi inaccessibile e potenzialmente pericolosa (quella delle streghe in particolare). Le formule sembrano insomma precludere la conoscenza e renderla opaca. “Parlare per formule” è una espressione che spesso sentiamo usare per indicare chi voglia in qualche modo confondere le acque di un discorso. Il fatto è che è vero esattamente il contrario.
Immagine da Wikimedia.
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