Giulia Negri su Il Tascabile descrive i danni procurati dal bostrico, un coleottero che è considerato un flagello per i boschi italiani, e riflette sul fatto che quel che sta accadendo può essere utile per imparare qualcosa sulla gestione futura delle foreste.
Gli abeti rossi hanno gli aghi color ruggine, ma non è l’autunno a dar loro questa colorazione. Il nome della pianta deriva dal colore della corteccia e questo abete è un sempreverde: il colore assunto degli aghi è invece il segnale che questi alberi stanno morendo.
Nel folto del bosco in Val di Sole domina il silenzio. Si sente solo il lontano gorgogliare di un ruscello e il ronzio sparuto di pochi insetti. Il bosco ci sembra immobile, immutabile, semideserto. Eppure, nel loro silenzio operoso, milioni e milioni di Ips typographus stanno colonizzando gli abeti rossi intorno a noi.
Il bostrico, Ips typographus, in realtà non è una specie invasiva, è un abituale abitante dei boschi europei, all’interno dei quali svolge un ruolo fondamentale per l’ecosistema. Solitamente attacca gli alberi indeboliti o troppo vecchi, scavando sotto la corteccia delle gallerie che interrompono il flusso della linfa e avviano il processo di decomposizione.
Una serie di eventi eccezionali hanno però favorito la proliferazione del bostrico nell’arco alpino.
L’epidemia di bostrico ha avuto come causa principale la tempesta Vaia e come concausa la siccità della stagione estiva del 2022. A questo si sono aggiunti i danni da neve che si erano verificati soprattutto in Alto Adige, e in parte anche in Trentino e in Veneto, nella stagione invernale 2019-2020. Il 28 ottobre 2018 Vaia ha provocato la caduta di milioni di alberi in diverse regioni: si è trattato di un evento senza precedenti, provocato da condizioni particolarmente avverse per gli abeti rossi, che hanno un sistema radicale superficiale, particolarmente vulnerabile alla combinazione di piogge abbondanti seguite da venti straordinariamente potenti. Conseguenza della catastrofe di Vaia è stato il diffondersi del bostrico, che ha trovato un’abbondante fonte di cibo nei tronchi degli alberi abbattuti.
Questo fenomeno ha però un risvolto interessante che può essere utile conoscere per gestire futuri eventi simili a Vaia: in qualche misura l’epidemia di bostrico sta favorendo l’aumentare della biodiversità. In caso di eventi analoghi si pensa quindi si possano lasciare aree aperte perché vengano colonizzate.
Si potrebbe pensare che la morte di tanti alberi stia causando grandi danni alla biodiversità: in realtà quest’ultima sta aumentando, perché le zone di pecceta – ovvero di bosco di abete rosso puro – sono relativamente povere da questo punto di vista. È curioso come sia per noi automatico pensare che anche altre forme di vita siano in sofferenza per quanto sta succedendo ai nostri luoghi da cartolina. Aprire superfici nel bosco, invece, ha permesso a molti gruppi di piante e animali di colonizzare queste zone, prima precluse.
Il Servizio Foreste e servizio Faunistico del Trentino pubblica una scheda con tutte le informazioni su questo coleottero e sui danni che sta causando.
Passato il culmine dell’estate 2023, i livelli di presenza dell’insetto sono infatti ancora elevati, con un numero di esemplari catturato dalle oltre 200 trappole distribuite sul territorio, pari mediamente a quasi 18mila unità, ma inferiori del 9% rispetto allo scorso anno. Esiste un’ampia variabilità spaziale, con catture medie per Distretto da 11.400 (Tione) a 25.500 (Primiero). Secondo il monitoraggio, in media in due aree controllate su tre quest’anno si è già superata la soglia “epidemica”: non si prevede dunque che le infestazioni si estinguano nel breve periodo. L’andamento meteorologico, tuttavia, ha accorciato la stagione utile per lo sviluppo del bostrico e dunque si prevede una crescita delle popolazioni più contenuta rispetto all’anno precedente. All’agosto 2023 i danni attribuibili al bostrico ammontano, per il periodo 2019-2022 a circa 2 milioni di metri cubi di legname, pari a circa la metà del danno di Vaia, stimato in circa 4 milioni di metri cubi. In termini di superficie, sono stati interessati da attacchi oltre 10.000 ettari di boschi, prevalentemente nel settore orientale, dove la perdita di copertura della superficie boscata raggiunge valori significativi, in particolare su alcuni bacini idrografici.
Anche Sofia Djacenko per Lezioni di scienza affronta il caso del bostrico in un interessante e approfondito articolo che spiega come il disequilibrio del sistema causato da Vaia abbia portato alla situazione attuale. Non è la prima volta che il bostrico si trova in una situazione favorevole per diffondersi in maniera incontrollata:
Per condurre un ecosistema fuori dall’equilibrio è necessario invece che intervenga un disturbo di grandi dimensioni, come una guerra. Durante la Prima guerra mondiale i boschi del nord Italia e delle Alpi hanno rappresentato un ostacolo alla mobilità delle truppe straniere, un rifugio, una riserva di legno per le trincee e per la popolazione in generale. I segni lasciati dalla guerra si leggevano nei tagli sconsiderati effettuati per il recupero di legname, nella quantità di alberi rimossi per il passaggio di mezzi, nei danneggiamenti provocati da bombe e sparatorie. Anche il bostrico ha partecipato alla distruzione perché è cresciuto a dismisura fra gli alberi morti e indeboliti. Al termine della guerra, i boschi sono stati ripiantati in base alla conoscenza forestale e ambientale dell’epoca e in una situazione economica difficile, in cui era forte la necessità di materie prime. Il risultato è stata la creazione di boschi monospecifici, composti da distese di individui della stessa età (coetanei), poco diversificati e con dominanza di una specie molto produttiva ma dalle radici molto superficiali: l’abete rosso. Così, quando nel 2018 le raffiche di vento della tempesta Vaia si sono abbattute sulle Alpi, più di 14 milioni di alberi su 42000 ettari di bosco non hanno resistito e sono crollati. Analogamente a quanto avvenuto un secolo prima, sulle Alpi si sono generate distese immense di alberi spezzati, caduti e indeboliti; di nuovo il bostrico ha trovato a propria disposizione una grande quantità di legname di abete rosso crollato di fresco oppure danneggiato, quindi privo di difese. E così ha iniziato a riprodursi in maniera incontrollata, dando luogo all’attuale stato epidemico in cui il proliferare della popolazione può sopraffare anche le difese naturali di alberi sani.
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