Su suggerimento di @Putsch.
Ad oggi i fisici hanno due sistemi distinti che spiegano come funziona la natura. C’è la relatività generale, che spiega elegantemente la gravità e tutte le cose dominate da essa: le orbite dei pianeti, le galassie, le dinamiche dell’universo in espansione nel suo complesso. Questo è il sistema grande. Poi c’è la meccanica quantistica, che maneggia le altre tre forze – elettromagnetismo e le due forze nucleari. La teoria dei quanti è estremamente adeguata per descrivere cosa accade quando un atomo di uranio decade, o quando singole particelle di luce colpiscono una cella solare. Questo è il sistema piccolo.
Il problema è che sono due teorie fondamentalmente diverse che hanno differenti formulazioni. Non è solo un problema di terminologia: è un conflitto fra due descrizioni della realtà incompatibili.
Questo articolo di Nautilus confronta le posizioni di due fisici che, partendo rispettivamente dalle due posizioni estreme dei propri campi, stanno conducendo esperimenti che potrebbero finalmente stabilire quale approccio è predominante.
By pushing at the bounds of understanding, Hogan and Smolin are helping the field of physics make that connection. They are nudging it not just toward reconciliation between quantum mechanics and general relativity, but between idea and perception. The next great theory of physics will undoubtedly lead to beautiful new mathematics and unimaginable new technologies. But the best thing it can do is create deeper meaning that connects back to us, the observers, who get to define ourselves as the fundamental scale of the universe.
Immagine di Niels Bohr e Albert Einstein (1925) Foto by Paul Ehrenfest (Public Domain) via Wikimedia Commons.
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