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Morte di una sineddoche: gli Intellettuali e la Casalinga di Voghera

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Claudio Marazzini, Presidente dell’Accademia della Crusca, parla di comunicazione, sviluppo e riforma del linguaggio, partendo dalla celebre  «casalinga di Voghera».

La «casalinga di Voghera» è un’espressione in auge dagli anni 80 e molto usata nel lessico giornalistico. Marazzini illustra la genesi del termine e la diacronia (cioè l’uso nel divenire nel tempo) che la ha caratterizzata. La celeberrima casalinga “nasce” con i migliori intenti, avvicinare la lingua alla comprensione di molti (Eco per esempio fece uso di questa sineddoche per evidenziare lo scarto di comprensione tra la varie componenti della società italiana su parole come scrutinio, crisi di governo, promulgazione di una legge) e in particolare il linguaggio della burocrazia e della politica a tutti i cittadini.

Il trionfo sancito dall’ingresso in molti dizionari (tra cui lo Zanichelli) si unisce però ad una considerazione sempre più dispregiativa dell’espressione, fino all’invito a non usarla più (per sessismo o deumanizzazione di chi non è colto) da parte di alcuni intellettuali e la rimozione di una statua che la ritraeva appunto nel Comune di Voghera.

Marazzini si sofferma sui paralleli tra la «casalinga di Voghera» e il documento della Commissione Europea sul «linguaggio inclusivo».  Secondo Marazzini questi tentativi di «di ripulire la lingua per restituircela limpida» sono parziali, non portano ad un linguaggio che possa essere utilizzato senza fatica dai parlanti, non riescono a raggiungere gli obiettivi che si prefissano (cioè a migliorare l’umana convivenza).
Per esempio, tra le parole non adatte ad un linguaggio inclusivo secondo la Commissione c’è «vecchio»:

La moltiplicazione dei tabù linguistici ci avvicina alla paralisi: già oggi ci sono ragazzini della scuola media che si fermano terrorizzati di fronte alle parole “vecchio” e “anziano” (questa era nell’elenco citato dal “Corriere”, tratto dal documento della Commissione Europea) per indicare un uomo raffigurato con il bastone, la barba e i capelli bianchi. Un tempo vecchio era anche sinonimo di saggezza, e si distingueva dal gradino successivo, quello della decrepitudine. La linguistica degli anni settanta ci ha insegnato che una buona comunicazione esige anche un certo grado di libertà rispetto alle norme e alla grammatica, e infatti l’autorevolezza di alcuni princìpi tradizionali è molto diminuita nel corso degli anni. Stiamo dunque attenti a non sostituire a quell’autorità grammaticale, che ha perso forza, una serie di nuove autorità legate a tabù e divieti.


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