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Oppenheimer, né demone né eroe

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Silvia Kuna Ballero, comunicatrice scientifica esperta di rapporti tra scienza e società attiva tra le altre cose nell’associazione culturale Scientificast, sulle pagine de Il Tascabile affronta in un lungo articolo la vicenda umana e scientifica del fisico a capo del progetto Manhattan, tratteggiata nell’ultimo film di Christopher Nolan.
J. Robert Oppenheimer, la cui fama è legata soprattutto alla costruzione della prima bomba atomica come direttore del progetto Manhattan, fu sottoposto tra l’aprile e il maggio del 1954 a un’udienza di sicurezza per indagare le sue affiliazioni comuniste e altri comportamenti giudicati un rischio per la sicurezza nazionale.

In prima battuta, quella di Oppenheimer potrebbe sembrare la storia di una persecuzione politica, dell’ennesima vittima della red scare statunitense degli anni ‘50. Ma la vera disgrazia di Oppenheimer non fu tanto l’udienza inquisitoria con tutto ciò che ne derivò, bensì proprio il suo straordinario successo nel progetto Manhattan: l’impresa nella quale mise tutto sé stesso e per la quale è ricordato, che lo portò a essere osannato finché sostenne la scelta di creare uno strumento di distruzione di massa e usarlo in guerra, ma che infine lo fece a pezzi quando tentò di arrestare la corsa alle armi successiva all’esplosione della prima bomba atomica.

Oppenheimer non fu soltanto il creatore della bomba atomica, ricorda Silvia Kuna Ballero:

I risultati scientifici di Oppenheimer al di fuori del progetto Manhattan furono di tutto rilievo: per citarne alcuni, intuì l’esistenza dell’antimateria, formulò insieme al suo maestro Max Born un’approssimazione efficace che permette di effettuare calcoli semplificati nella dinamica molecolare quantistica (l’approssimazione di Born-Oppenheimer, appunto, elaborata quando aveva 23 anni) e insieme a Richard Tolman e George Volkoff diede una prima stima della massa limite oltre la quale un resto stellare sarebbe collassato indefinitamente sotto l’effetto della propria gravità, per formare quell’oggetto che oggi chiamiamo buco nero. Gli argomenti delle sue ricerche tradiscono l’irrequietezza intellettuale di Oppenheimer e il suo bisogno di conciliare gli estremi: quei punti luminosi che popolano le visioni del suo personaggio cinematografico possono essere atomi, oppure stelle, perché non entrambi? Ironia del destino, le teorie principe per l’immensamente piccolo (la meccanica quantistica) e l’immensamente grande (la relatività generale) non sono a tutt’oggi conciliabili.

Oppenheimer nel dopoguerra cercò comunque di difendere il suo progetto, ma non volle proseguire la ricerca per una bomba molto più potente:

Oppenheimer mise insieme una comunità scientifica quasi utopica, che concentrava in un solo posto il meglio dei cervelli di un’epoca, con lo scopo noto di creare morte e distruzione. Dedicò la sua vita alla creazione della bomba atomica, difese il suo uso contro il Giappone anche a distanza di tempo, ma si sentì comunque “le mani sporche di sangue”. Dichiarò che la bomba era stata usata “contro un nemico essenzialmente battuto”, e rifiutò di proseguire sulla strada della “Super”, la bomba a fusione termonucleare molto più potente, spendendosi per porre le armi atomiche sotto il controllo di un’entità sovranazionale.

Dopo la guerra, per non essere ricordato dalla storia come il “padre della bomba atomica”, Oppenheimer si sceglie il ruolo di portavoce del controllo internazionale degli armamenti nucleari. Ma è troppo tardi, forze politiche più grandi di lui spremono il suo passato irrisolto e la sua ambiguità morale e lo sottraggono al percorso che si era convinto di poter intraprendere.


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