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Soccorrere i migranti: di cosa parliamo quando parliamo di umanità

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Su suggerimento di @alessandromeis e @Wonder Cavia

 

Come dobbiamo porci di fronte ai migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo? Dario Cecchi imposta il discorso partendo da un punto di vista filosofico, per arrivare anche alla questione politica.

Questo per dire che, quando parliamo di soccorrere i migranti nel Canale di Sicilia, il nostro discorso oscilla tra etica e politica, rimandando a una questione antropologica fondamentale: chi siamo quando ci diciamo umani?

Il dovere di aiutare i naufraghi deve passare per l’ipotesi che potresti esserci tu in alto mare a rischiare la vita.
Non deve essere un esperimento mentale, cui con cinico buon senso si potrebbe rispondere: io non lo farei. Non è sufficiente nemmeno dire che, se queste persone affrontano simili sofferenze e rischi per venire da noi, è perché la vita nei loro paesi d’origine è insostenibile. Non basta. Bisogna anche dire che, se siamo entrambi in mare, noi con le nostre imbarcazioni da pesca, da diporto e di sorveglianza, essi con i loro barconi precari, è per via di una comune civiltà, che ha fatto del mare un luogo di vita (e di rischi).

A corollario,  una lettera aperta di centinaia di studiosi[EN] a tutti quelli che invocano l’intervento militare contro i migranti.

 

Immagine di Vito Manzari e Matteo Penna [CC BY 2.0] via Flickr.


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