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Assoluzione = vergogna

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Ristretti orizzonti, la rivista online dell’associazione di volontariato “Granello di Senape Padova”, che si occupa della situazione delle carceri in Italia, riporta un articolo di Guido Stampanoni Bassi, avvocato e direttore della rivista Giurisprudenza Penale, originariamente pubblicato su Il Dubbio del 19 luglio 2023, in cui si parla di come le sentenze di assoluzione sono percepite dall’opinione pubblica.

Capita ormai con regolarità, per lo più nell’ambito di vicende di cronaca particolarmente sentite, che sentenze che si discostino – magari anche solo leggermente – dalle aspettative dell’opinione pubblica vengano definite “choc” o “vergognose”.

Secondo l’autore, una certa narrazione giornalistica, per la quale gli imputati “devono” essere colpevoli, in particolare in casi che hanno suscitato particolare attenzione nell’opinione pubblica, alimenta le reazioni indignate nel caso in cui le sentenze non rispecchino quanto l’opinione pubblica stessa si attendeva. Questo avviene solitamente in caso di assoluzioni, definite “vergognose” e “inaccettabili”, ma anche in caso di condanne più miti rispetto a quello che la tipologia di reato facesse presumere.

A sostegno di quanto affermato, l’autore cita due casi particolarmente sentiti: il bidello accusato di aver palpeggiato una studentessa e l’omicidio di Carol Maltesi. In entrambi i casi le sentenze sono state accolte con grande scalpore e polemiche da parte dell’opinione pubblica e di esponenti della politica.

Nel primo caso l’autore ricorda un principio fondante su cui si basa il processo in Italia:

quello secondo cui, nel dubbio, il Tribunale deve (e non può) assolvere.

Nel secondo caso invece, pur comprendendo i sentimenti che l’omicidio di una persona, sopratutto se giovane può suscitare, ricorda che:

si deve accettare l’idea che esistano concetti che non hanno, sul piano giuridico, lo stesso significato che hanno nella vita di tutti i giorni.

L’autore conclude ricordando che

(p)er quanto certe decisioni possano essere difficili da accettare, occorre tenere a mente che i Tribunali sono chiamati ad applicare le leggi e non a soddisfare le aspettative dell’opinione pubblica.


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