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Il valore estetico nella vita

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Su Aeon, Tom Cochrane parla dell’utilità dell’arte e dell’estetica nel mondo e nelle nostre vite.

Cochrane incomincia con una considerazione sui valori che guidano l’esistenza di una persona. È un concetto molto difficile da definire e secondo l’autore molti di noi hanno dei valori «prudenziali», cioè dei valori che facciamo nostri ma solo in quanto parte integrante del nostro status o delle relazioni (famigliari, lavorative, etc.) che ci caratterizzano. Molte volte il non riuscire a definire un valore ultimo, anche se utile, non è soddisfacente per il singolo.

Al contrario la bellezza ci colpisce in maniera completamente diversa, totale:

Il valore estetico è proprio un modo in cui possiamo ottenere un valore finale positivo dal mondo in generale. Il valore di una cosa bella o sublime è definitivo perché non ha bisogno di essere giustificato in termini di qualche altro bene che ci permette di ottenere. Non è necessario che ci renda più ricchi, più sani o più popolari in alcun modo. In effetti, come le tempeste e i vulcani, molti oggetti di valore estetico sono potenzialmente dannosi. Tuttavia, il loro valore estetico rimane.

L’aspetto contemplativo come fonte di conoscenza è stato declinato in molti modi nel pensiero occidentale, da Platone a S.Agostino. Quest’ultimo scrive:

Ammetto di non sapere perché siano stati creati i topi e le rane, o le mosche o i vermi. Eppure vedo che tutte le cose sono belle nel loro genere, anche se a causa dei nostri peccati molte cose ci sembrano svantaggiose. Osservo infatti il corpo e le membra di nessun essere vivente in cui non trovo che le misure, il numero e l’ordine contribuiscano alla sua unità armoniosa. Non capisco da dove vengano tutte queste cose se non dalla misura, dal numero e dall’ordine più elevati, che risiedono nella sublimità immutabile ed eterna di Dio.

Completamente diverso l’approccio di un altro seguace di questa corrente di pensiero, Nietzche. Lungi dall’accettare un disegno divino preordinato, Nietzsche trovava nell’estetica i valori fondanti della sua filosofia: il legame tra la creazione e la distruzione, l’«estasi dionisiaca» che getta alle ortiche i valori morali.

L’arte — e non la morale — è considerata l’attività propriamente metafisica dell’uomo; nel libro stesso ricorre più volte l’interessante proposizione secondo cui l’esistenza del mondo si giustifica solo come fenomeno estetico. In effetti, l’intero libro riconosce solo un artista-pensiero e un artista-dopo-pensiero dietro tutti gli eventi, un “Dio”, se si vuole, ma certamente solo un artista-Dio del tutto sconsiderato e immorale, che, nella costruzione come nella distruzione, nel bene come nel male, desidera prendere coscienza della propria equa gioia e della propria gloria sovrana; che, creando mondi, si libera dall’angoscia della pienezza e della sovrabbondanza, dalla sofferenza delle contraddizioni concentrate in lui.

Cochrane conclude con una provocazione. Le notizie terribili che riempiono le pagine dei quotidiani mettono a dura prova i nostri valori morali, mentre i valori estetici portano ad una redenzione del tutto, avvicinandoci all’interezza del mondo. Perché preferire i primi ai secondi?


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