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C’è fierezza nel dire ‘stop’, anziché spegnersi

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Un articolo pubblicato su Il Tascabile ripercorre la carriera del cantante e compositore britannico Robert Wyatt.

Nel dicembre 2014 Robert Wyatt annunciava senza particolare clamore la fine della propria avventura artistica in un’intervista al mensile britannico Uncut: “Direi che mi sono fermato, una parola migliore di ‘ritirato’. Una cinquantina di anni in sella non sono pochi…”, affermò nella circostanza, aggiungendo: “C’è fierezza nel dire ‘stop’, anziché spegnersi”. In occasione della nostra prima conversazione, nell’autunno del 1997, a ridosso della pubblicazione di Shleep, disco al quale avevano contribuito fra i tanti Brian Eno, Phil Manzanera, Evan Parker e Paul Weller, dopo un paio di album realizzati viceversa in assoluta solitudine, mi aveva detto: “Per me è stata una vera sorpresa durare così a lungo: non ho condotto un’esistenza molto prudente, infatti”. L’ultimo lavoro a suo nome rimarrà perciò la Comicopera in tre atti del 2007, allestita reclutando artisti in Colombia, Norvegia e Israele, dove figurava una versione di Del mondo dei CSI: indizio della liaison con la scena indipendente italiana innescata nel 1998 dal tributo collettivo A Different You targato Dischi del Mulo (con Franco Battiato, Jovanotti, Max Gazzè, Mauro Pagani, Morgan e gli stessi CSI) e proseguita nel 1999 dalla collaborazione con Cristina Donà (cantava in Goccia nell’album Nido), cantautrice invitata poi da lui nel 2001 a Londra per il festival “Meltdown”, di cui quell’anno era direttore artistico, mentre lei lo avrebbe coinvolto come “spettro amichevole” in un rifacimento di Televisione degli Afterhours destinato all’edizione “reloaded” di Hai paura del buio? datata 2014, dunque alla vigilia del commiato.

 

Immagine da Wikimedia Commons


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