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Cernobyl e non solo, 30 anni dopo

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Su suggerimento di @rtq e @Oppenheimer_ia

Nella notte del 26 aprile 1986, all’1.23 circa, avvenne il primo degli unici due incidenti (il secondo avverrà 25 anni dopo a Fukushima) classificati come catastrofici con il livello 7 e massimo della scala INES, l’International Nuclear and radiological Event Scale.

Del disastro di Cernobyl molto si è detto e letto in questi 30 anni; proponiamo oggi alcuni alcuni contributi sulle conseguenze che ebbe quell’evento. Il primo è il blog fotografico di Elena Filatova, giornalista e fotografa ucraina che a più riprese ha raccontato Cernobyl e Pripyat, cittadina a circa 3 km di distanza dalla centrale nucleare.

Ma l’esplosione non creò danni soltanto in Ucraina: anche la Bielorussia ha pagato un costo elevato. A raccontare la sua esperienza nella repubblica post-sovietica è Silvia Pochettino, giornalista ed autrice del libro “Bugie Nucleari”, in questa intervista a “Nova Tempora” del marzo 2011.

Sul suolo della Bielorussia si riscontrano concentrazioni di elementi radioattivi, maggiori che in qualsiasi località Ucraina:

“It has been estimated that 2.2 million people are living in contaminated zones of Belarus, including more than 660,000 children. Twenty-two settlements with an aggregate population of 77,000 currently have radiation levels in excess of 40 curies of caesium per square kilometre of soil. There are no similarly affected settlements in Ukraine, and only eight in the Bryansk Oblast of Russia.”

In questi vecchi report delle Nazioni unite su Bielorussia ed Ucraina si stimano invece i costi della contaminazione a 30 anni, valutati rispettivamente in 235 e 201 miliardi di dollari, dove però l’Ucraina conta circa 43 milioni di abitanti, mentre la Bielorussia poco più di 9 milioni.

 

Immagine di stahlmandesign via Flickr, CC BY-2.0


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