Luca Fantacci dell’Università Bocconi parla dello “stato di salute” del dollaro statunitense come bene di rifugio e mezzo di pagamento.
Fantacci ripercorre la storia del dollaro e delle (errate) previsioni fosche sul suo futuro:
La crisi imminente del dollaro fu annunciata per la prima volta da Robert Triffin nel 1960. Sono passati più di sessant’anni e la valuta americana mantiene ancora il suo primato. Certo, l’egemonia monetaria degli Stati Uniti ha subito una graduale erosione: la quota del dollaro nelle riserve valutarie internazionali è caduta progressivamente nell’arco degli ultimi vent’anni, dal 71% del 2001 al 59% del 2021 (FMI). A intaccarne la supremazia sono stati prima l’euro, dalla nascita fino alla crisi del 2010-12, poi altre valute, fra cui principalmente lo yuan cinese (Figura 1). Ciononostante, la moneta USA tiene più dell’economia americana, e l’economia più del commercio: il dollaro è ancora usato per denominare più del 40% dei pagamenti internazionali (SWIFT), seppure gli Stati Uniti rappresentino ormai soltanto il 25% del Pil mondiale e l’8% delle esportazioni globali.
La storia del dollaro contemporaneo nasce negli anni ’70. Fino ad allora il dollaro era convertibile in oro; anni di spese militari imponenti e il rapido sviluppo postbellico europeo e giapponese (che drenava valuta dagli Stati Uniti) ne compromisero la convertibilità, fino a che Nixon nel 1971 ne dichiarò la sospensione. Le liberalizzazioni finanziarie di Regan unite alle politiche sui tassi di Volcker portarono all’«egemonia monetaria» statunitense pur senza convertibilità; la forze del dollaro è speculare al deficit nella bilancia dei pagamenti statunitense.
Che caratteristiche dovrebbe avere un pretendente al trono di moneta globale? Secondo Fantacci sono quattro:
- dimensione delle esportazioni nette dell’emittente (potere di spesa);
- liquidità del suo mercato dei capitali (facilità di investimento);
- solidità delle istituzioni (per stabilizzarne il valore);
- potenza militare (per imporne l’uso).
Fantacci analizza su questi punti l’emittente con più prospettive (la Repubblica Popolare Cinese), alcune novità contemporanee (l’attrattiva dei «safe assets europei») ed anche alternative come le criptovalute.
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