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Gli ebrei della montagna

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Diego Zandel su Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa parla di Dedejme, romanzo di Stella Prudont che parla dei costumi e delle tradizioni della secolare comunità ebraica juhuro che vive sul Caucaso orientale.

Un libro come “Dedejme” (…) rappresenta una chicca per l’argomento che tratta, il ritratto di una comunità della quale si sa ben poco, e che un approfondito saggio in appendice al volume di Valerij Dymšic, del Centro di studi ebraici dell’Università europea di Pietroburgo, ben completa dandoci un quadro storico che racconta i diversi e tutt’altro che facili passaggi di questa comunità, minata da tentativi di dispersione – per fortuna l’annientamento fisico le è stato risparmiato sia da parte dei nazisti (che comunque il 20 settembre 1942 riuscirono a fucilare ben 470 ebrei delle montagne) fermati dalle cime del Caucaso, sia da parte dei sovietici che, pur avendo avuto l’Armata Rossa il grande merito di aver respinto i tedeschi, successivamente attuò una politica antisemita che spinse molti ebrei all’emigrazione oppure “a cercare di sostituire la nazionalità indicata sulla carta d’identità”, assimilandoli ai “tati”, al punto di far via via scomparire l’espressione “ebrei della montagna” dalle varie edizioni che si succedevano negli anni della Grande Enciclopedia Sovietica.

Invece, come si dice, vivono e lottano insieme a noi. Di più. Come scrive Valerij Dymišic: “Gli ebrei delle montagne hanno svariati tratti caratteristici, ma ce n’è uno in particolare che li rende estremamente interessanti agli occhi di un ricercatore: sono una delle poche comunità ebraiche a vivere ‘a casa propria’.

 

Immagine da Wikimedia Commons

 


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