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I beni confiscati alle mafie come luoghi per la rinascita della società

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Ogni anno Libera pubblica il rapporto su come vengono riutilizzati i beni confiscati alla mafia– Il report dal titolo “Raccontiamo il Beneè un’occasione per fare il punto su come la società civile provi a riappropriarsi dei propri spazi, creando un modello di cambiamento e speranza.

Sono 1.132 i soggetti impegnati nella gestione dei beni confiscati, con oltre 600 associazioni, 30 scuole di ogni ordine e grado e numerosi gruppi locali che utilizzano questi immobili per creare nuove opportunità e un’economia positiva. Nelle proprietà dove una volta spadroneggiavano i boss oggi si svolgono in maggio parte (56%)  attività di welfare e politiche sociali, per il resto promozione culturale (25,9%), agricoltura (9,9%), produzione e lavoro (4,8%) e anche sport (3%).

Ma come dice Tatiana Giannone – responsabile nazionale dei Beni Confiscati di Libera:
Dietro ogni numero ci sono storie di associazioni e cooperative che hanno trasformato luoghi di malaffare in spazi di crescita, educazione e comunità. L’impegno collettivo ha rafforzato il nostro tessuto sociale e il supporto delle istituzioni è stato fondamentale, ma il percorso è ancora lungo”.

La sfida è tutt’altro che vinta. Basti pensare che a livello europeo, la criminalità organizzata vanta proventi stimati tra i 92 e i 188 miliardi di euro l’anno. Nonostante ciò, meno del 2% dei beni illeciti viene effettivamente confiscato. La recente approvazione della Direttiva 1260/2024, la cosiddetta “legge Rognoni-La Torre europea”, potrebbe però segnare un punto di svolta nella lotta contro le mafie, accelerando l’aggressione contro i patrimoni criminali anche fuori dall’Italia.


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