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I tormenti di Kurt e Layne

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Il Manifesto pubblica la recensione di Guido Mariani dei libri In catene. I giorni di Layne Staley e gli Alice in Chains e di Kurt Cobain Dossier, scritti rispettivamente dal musicista e giornalista siciliano Giuseppe Ciotta e dallo scrittore italo-scozzese Epìsch Porzioni. Nell’ultima parte del pezzo l’autore passa brevemente in rassegna anche altri lavori – già pubblicati o in fase di realizzazione – sulla scena grunge di Seattle.

Una scena rock leggendaria e tragica, un anniversario importante. Nella primavera di 30 anni fa la città di Seattle, profondo nord-ovest degli Stati Uniti, era solo un pallido puntino luminoso nel panorama della musica americana e internazionale. Ci si ricordava del suo indimenticabile figlio, Jimi Hendrix, e di qualche sporadico acuto (il garage dei Sonics, l’hard rock melodico delle Heart) e si registrava un dinamico fermento artistico che rimaneva però relegato a quello che all’epoca veniva definito «underground». Un’etichetta locale, la Sub Pop, si stava distinguendo per intraprendenza e coraggio e alcune band si stavano facendo conoscere. Il termine «grunge» iniziava a circolare. Ma il 1990 fu l’anno della svolta. Quella città piovosa e remota diventerà in pochi mesi capitale di una rivoluzione musicale e culturale. Una rivoluzione che non ha mai smesso di affascinare, che ha prodotto artisti diventati icona di un’era e dischi ormai storici, ma che deve esser ricordata anche per la sofferenza che portò con sé. L’interesse per quell’epoca e per l’intensità e i drammi che la accompagnarono è testimoniata da una serie di nuove pubblicazioni che raccontano a un pubblico di nostalgici e a una nuova generazione gli anni in cui il rock riscoprì la sua energia. Ma dopo trent’anni forse possiamo porci la domanda: a che prezzo?

Immagine da Wikimedia.


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