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Il lato nascosto della fuga dei cervelli: più giovani partono, meno lavoro si crea per chi resta

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In questo articolo dell’ Espresso, a firma Emanuele Coen, si analizzano le conseguenze concrete del flusso di emigrazione di giovani italiani verso altri Paesi.

A lasciare l’Italia sono soprattutto neolaureati, dottori di ricerca e innovatori. Secondo una nuova ricerca questo flusso ha causato la mancata nascita di 80mila imprese. Con evidenti ricadute occupazionali. Un barcone con più di seimila italiani a bordo si allontana dalle nostre coste ogni settimana. Nello stesso arco di tempo, da una barca molto più piccola scendono a terra solo 220 migranti. Un’immagine (i numeri si riferiscono al 2019, l’ultimo anno pre-Covid) che rende l’idea di un fenomeno silenzioso, carico di sfumature e conseguenze.

Questo fenomeno è anche una delle cause del basso numero di nuove imprese che nascono nel nostro paese.

Assieme a un gruppo di esperti – Gaetano Basso di Banca d’Italia, Giuseppe Ippedico e Giovanni Peri dell’Università della California – Anelli ha messo a fuoco un aspetto inedito della fuga dei cervelli: il nesso causale tra emigrazione e imprenditorialità. Gli studiosi, infatti, hanno calcolato che ogni mille emigrati, tra il 2008 e il 2015, in Italia sono state create circa 36 imprese in meno.

La stagnazione che affligge la nostra economia è in relazione con gli alti tassi di emigrazione.

La ricerca rivela che in un Paese come l’Italia, dove la crescita economica è lenta, il livello di istruzione è medio-basso e la popolazione invecchia rapidamente, gli alti tassi di emigrazione di giovani talenti innescano una spirale negativa, la quale rinforza la stagnazione economica.

I nuovi dati Istat quantificano in un milione circa i connazionali espatriati tra il 2012 e il 2021, un quarto dei quali con una laurea. Il fenomeno sembra rallentare, ma i dati vanno valutati con cautela.

Secondo il rapporto Istat sulle migrazioni, nel 2021 gli espatri sono stati 94 mila, in forte calo rispetto all’anno precedente (-22 per cento). E, in base ai primi dati disponibili del 2022 (gennaio-ottobre), la contrazione è pari al 20 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. «Per certificare la flessione dell’emigrazione bisogna aspettare i dati complessivi del 2022, il primo anno che non risente dell’influenza del Covid. Usciranno nel 2024», precisa Anelli.


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