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Karōshi, la morte per troppo lavoro

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Giovanni Rattacaso sul blog Calabrese in Oriente parla del Karōshi in Giappone.

Si incomincia a parlare di Karōshi negli anni Settanta

Il termine karōshi, o morte per superlavoro, risale alla seconda metà degli anni ’70, quando i medici giapponesi iniziarono a usarlo per descrivere la morte improvvisa dovuta allo stress da lavoro eccessivo. Le principali cause di karōshi includono ictus, malattie cardiache, casi gravi di asma e suicidio.

Il fenomeno però non è limitato alla sfera medica, ma abbraccia più tematiche:

(I)l karōshi degli anni ’90 finì per essere caratterizzato da quattro tratti principali. Si trattò di un forte aumento dei suicidi, un aumento delle persone che si tolsero la vita a causa di lunghi orari di lavoro o molestie da parte dei superiori, un aumento dei decessi tra i lavoratori più giovani tra i venti ei trent’anni e una crescita degli incidenti lavorativi e non che coinvolsero le dipendenti donne.

Nel 2015, il suicidio di Matsuri Takahashi, giovane dipendente dell’agenzia pubblicitaria Dentsu, ha riportato il Karōshi al centro dell’attenzione pubblica. Nelle parole della madre, affidate ad una lettera pubblica:

“Sono passati tre anni dal giorno di Natale in cui Matsuri è stata privata di tutta la sua felicità”, apre la lettera la madre, Yukimi Takahashi, 54 anni. Scrive che pensa ancora spesso a sua figlia, morta a soli 24 anni, e che ancora oggi ne invoca il nome. “Il dolore per non aver potuto proteggere la mia preziosa figlia in nessuna circostanza non svanirà”, rivela Takahashi.

La legislazione (o le agenzie preposte ai controlli) non sembrano aver portato i necessari cambiamenti per evitare ulteriori morti:

Dentsu aveva promesso di “impegnarsi per evitare che le disgrazie si ripetessero” quando il suo dipendente Ichiro Oshima si tolse la vita lo stesso anno in cui è nata Matsuri. Tuttavia, anche Matsuri è diventata una vittima. Ancora una volta, Dentsu ha promesso di riformare il proprio ambiente di lavoro. Ma per farlo è necessario sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che un modello aziendale che richiede ai dipendenti di lavorare giorno e notte e di sacrificare la propria vita è anormale e sbagliato.

L’anno scorso, Dentsu è stata multata per 500.000¥ con l’accusa di aver violato la legge sugli standard lavorativi, ma il supervisore di mia figlia non è stato perseguito. Ho presentato un’obiezione a una commissione d’inchiesta, ma la decisione di non perseguire il suo supervisore è stata confermata a luglio. Non sono convinta che la decisione di archiviare il caso sia dovuta al fatto che anche tutti gli altri fanno straordinari non pagati, fanno le ore piccole e violano la legislazione sul lavoro in altri modi.


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