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La fine del mondo allo specchio

La fine del mondo allo specchio

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Lorenzo Zamponi e Matteo Pascoletti, rispettivamente su Jacobin Italia e Valigia Blu, ci parlano di Don’t Look Up, il discusso film di Adam McKay con Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence e Meryl Streep. Zamponi:

Don’t look up è una parodia tragicomica del genere disaster, di film come Deep ImpactArmageddon2012 The Day After Tomorrow, in cui catastrofi più o meno naturali minacciano l’umanità, non a caso di gran moda negli anni Novanta e Duemila, dopo la fine della Guerra Fredda, quando Hollywood cercava nuovi antagonisti per l’egemonia americana globale. Un tentativo ambizioso, da parte di McKay, di combinare le due parti della sua carriera: quella comico-demenziale di autore televisivo al Saturday Night Live e regista di commedie di culto con Will Ferrell come Anchorman – La leggenda di Ron Burgundy e quella di filmmaker impegnato in progetti come La grande scommessa, sulla crisi finanziaria del 2008, e Vice, biografia dell’ex vicepresidente americano Dick Cheney, che gli hanno fruttato cinque nomination all’Oscar, per non parlare di Succession, serie tv HBO da lui prodotta, che ritrae con sguardo spietato l’élite globale dei super-ricchi. Ambizioso anche nella scala: un film da 75 milioni di dollari, prodotto dallo stesso McKay, e infarcito di star, da Leonardo Di Caprio a Meryl Streep, da Jennifer Lawrence a Cate Blanchett, da Timothée Chalamet ad Ariana Grande. Un affollamento che forse non aiuta la tenuta del film: tanti temi, tante star, tanti registri diversi, dal sentimentale al grottesco passando per la commedia, forse in totale troppa roba tutta insieme perché la narrazione risulti lineare e non straniante a un pubblico educato alla perfetta sequenzialità disneyana dei film Marvel. Ma avrebbe senso un film come questo, così radicato nei drammi fondamentali della nostra epoca, e così grottescamente e paradossalmente realistico, senza un certo straniamento dello spettatore?

Pascoletti:

A meno che non abbiate evitato i social network negli ultimi giorni, è probabile abbiate sentito i vostri contatti parlare del film Don’t Look Up, del regista Adam McKay. Interpretato, tra gli altri, da Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence e Meryl Streep, il film immagina due astronomi (DiCaprio e Lawrence) scoprire una cometa “ammazzapianeti” in rotta di collisione verso la Terra. Ci sono sei mesi e mezzo a disposizione per salvare il pianeta, così i nostri eroi si mobilitano immediatamente per far arrivare la notizia alla Casa Bianca (da qui in poi seguiranno spoiler).

Potrebbe sembrare la trama dell’ennesimo film catastrofico: in fondo tanto quel genere di film quanto Don’t Look Up iniziano con un allarme lanciato da scienziati. Tuttavia, rispetto ai sicuri argini del cinema di genere, McKay ha piani diversi per i suoi personaggi e per lo spettatore. DiCaprio e Lawrence sono infatti risucchiati in un grottesco vortice, dentro il quale incontrano presidenti degli Stati Uniti troppo presi da sé e dalle elezioni di medio termine, giornalisti e testate più interessati all’engagement o ai tormenti amorosi delle pop-star di grido che a informare davvero il pubblico e, più avanti con la storia, un magnate della Silicon Valley un po’ troppo messianico e sociopatico per poter aiutare l’umanità.

EDIT: Humu’ segnala una recensione di Do the math che si sofferma sulla rappresentazione della tecnologia come salvatrice del mondo:

This movie bugged me in a way that is all-too-common in the entertainment world: it grossly misrepresented how competent humans are. Pulling the Space Shuttle out of mothballs/museums, ready to take flight alongside an armada of rockets on new launch pads in a matter of months is beyond the pale. The world does not work like that. Likewise, the idea that industry could design and manufacture never-before-attempted comet drones to rip apart and manipulate cometary fragments on a similarly short timescale is just bonkers.


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