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La valutazione non è un fine ma un mezzo

La valutazione non è un fine ma un mezzo

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In ‘un’intervista pubblicata su Orizzontescuola, Cristiano Corsini, professore ordinario di Pedagogia sperimentale all’Università Roma tre, spiega perché la valutazione descrittiva sarebbe più vantaggiosa – rispetto a quella prettamente numerica – sul piano dell’apprendimento.

Professor Cristiano Corsini, la valutazione descrittiva secondo lei è praticata nelle scuole secondarie?

“L’esperienza esiste perché è praticata da anni nelle scuole. Non c’è nessuna normativa che imponga agli insegnanti di dare un voto in itinere ai propri alunni. Il voto va certo dato nello scrutinio intermedio e in quello finale. Dipende dall’ordinamento della scuola. Pensiamo alla scuola primaria, dove ci sono quattro livelli. Oppure pensiamo alla riforma degli anni ‘70 per primaria e media, con l’introduzione dei giudizi. Anche quelli erano voti. Il voto va nella scheda. Invece, in itinere, si può decidere di scrivere, ad esempio buono o ottimo, che è un giudizio sintetico ed è un voto. Ma il docente se lo ritiene può mettere invece un riscontro descrittivo con cui il spiega quali siano le difficoltà dell’alunno, come si può migliorare, cosa non si è fatto bene fino a quel momento. Di fronte a un tema o a un colloquio orale o a una verifica oggettiva noi possiamo esprimere una descrizione che spieghi come migliorare la situazione oppure possiamo dire: 6, 7, 8 32, ottimo. La prima – la descrizione – ha una sua riconosciuta efficacia e chi sceglie questa strada vede i miglioramenti. Su questo c’è una evidenza empirica: una seria indagine che mette a confronto questi due metodi spiega che nel 99 per cento dei casi si registra che chi attua la descrittiva ha un miglioramento più accentuato e statisticamente significativo”.

 


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