A cura di @NedCuttle21(Ulm) e @Akiro.
Su Il Tascabile, il reportage del giornalista freelance Clemente Lepore sulle condizioni dei lavoratori della cosiddetta gig economy:
Sono le 18, inizia il turno (sembra che non si debba chiamarlo così, scopriremo più tardi perché). Torino, Piazza Castello e poi San Salvario e poi Vanchiglia e poi Porta Palazzo e poi San Donato e ancora San Salvario e poi Piazza Vittorio Veneto fino all’ultimo chilometro, fino all’ultimo minuto. Pedala, pedala, corri veloce, su e giù per la città, devi fare più consegne possibili, bisogna scalare il ranking, prendere i feedback migliori. E allora pedala, pedala ancora. Anche con la pioggia, anche con lo smog che diventa nebbia. Paga oraria o cottimo, non importa, è irrilevante, devi comunque essere tra i migliori. Pedala, pedala più forte.
È impossibile non farci caso. Sono tanti, in sella alle loro biciclette o ai loro motorini. I colori variano ma sono sempre gli stessi: rosa, giallo, verde-azzurro. Truppe diverse a contendersi il mercato delle consegne a domicilio. Loro sono i rider, i corrieri all’epoca degli algoritmi.
Su Open Polis vengono proposti tre interventi sullo stato della gig economy e sulle sue possibili riforme a tre studiosi del fenomeno e a un rappresentante dei lavoratori di questo settore:
È arrivato il tempo di capire meglio cosa sta accadendo, cosa significa concretamente lavoro digitale, economia delle piattaforme e gig economy. A noi piace farlo portando in Italia le riflessioni e i contributi raccolti nel libretto “Towards a Fairer Gig Economy” di cui apprezziamo sopratutto lo sforzo di superare l’esistente, di cercare le alternative ad un meccanismo che prometteva liberazione e ha perlopiù prodotto sfruttamento. La traduzione di questo libretto è soprattutto occasione per raccogliere testimonianze, proposte, analisi e dati nel nostro campo, sulla situazione in Italia.
Immagine da Flickr.
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