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Le donne afgane lasciate indietro [EN]

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Rosina Alì sul New Yorker ci parla di Samira, una donna afgana che ha vissuto il ritorno dei talebani a Kabul nel centro di accoglienza gestito da Women for Afghan Women ( WAW), una ONG con sede negli Stati Uniti dedicata alla protezione delle donne in Afghanistan. Samira si trovava nel centro in compagnia di altre donne che lì avevano trovato rifugio nella loro fuga da fratelli, padri e mariti violenti.

Dopo che i talebani hanno preso il potere in Afghanistan, un’organizzazione statunitense ha chiuso la più grande rete del paese di centri di accoglienza per donne. I suoi fondatori pensano che abbia commesso un grave errore. “

Quando i talebani ripresero il controllo di Kabul il direttore del centro chiese alle ospiti di andarsene perché l’organizzazione non poteva più garantire la loro sicurezza.

“Intorno a Samira, le donne hanno iniziato a piangere. Il personale si è affrettato a cercare di capire chi poteva andare a casa dei parenti e ha distribuito moduli in cui si affermava che le ospiti  stavano lasciando il centro di accoglienza di propria iniziativa. Samira fu presa dal panico. Era lì da solo due settimane e non poteva tornare dalla sua famiglia.

La storia di Samira è una storia di percosse subite in famiglia da parte della sua matrigna e dei suoi fratellastri, culminate con la vendita come sposa a un uomo anziano per una grossa somma. Pur di non sottomersi al matrimonio combinato, Samira fuggì a Kabul e trovò rifugio nel centro accoglienza.

Con l’arrivo dei talebani a Kabul e la chiusura del rifugio per Samira iniziò un’altra fuga solitaria.

Firmò il modulo, raccolse le sue poche cose e uscì dai cancelli del rifugio e nel sole di metà pomeriggio. Samira iniziò a camminare verso la parte settentrionale della città. Gli aerei militari statunitensi volteggiavano sopra la testa e in lontananza risuonavano sporadici spari. Arrivò in un cimitero dove erano state erette tende di stoffa e corda. L’area era stata un luogo di ritrovo per i tossicodipendenti da eroina e, più recentemente, per gli afgani in fuga dai conflitti in altre parti del paese. Se Samira fosse rimasta nelle strade principali, la gente le avrebbe chiesto chi fosse, cosa stesse facendo. Almeno in un cimitero, pensò, ci sarebbe stata la sicurezza dell’isolamento. Scese la notte e arrivarono altre persone. Samira ha trovato due donne che con riluttanza le hanno permesso di dormire vicino a loro e si sono sistemate.

La storia di Samira è lo spunto per parlare di WAW (Women for Afghan Women), della sua storia iniziata nel 2001 e della decisione di ritirarsi frettolosamente dall’Afganistan, oltre che delle altre organizzazioni internazionali e dei problemi delle donne afghane nell’affrontrare non solo i talebani, ma la sopravvivenza quotidiana.


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