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Mutilazioni politiche nell’Impero Bizantino

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Su Vanilla Magazine si racconta l’utilizzo politico che, in epoca Bizantina, veniva fatto della mutilazione: spesso sostituiva l’uccisione dell’avversario, e aveva l’obiettivo di rendere la vittima inabile a ricoprire una carica o svolgere una mansione.

Un aspetto forse sconvolgente delle mutilazioni politiche è che queste erano spesso perpetrate da familiari vicinissimi come fratelli, sorelle, figli e, in alcuni casi, persino madri e padri. Il motivo se vogliamo era abbastanza logico: anziché uccidere un fratello o un figlio lo si mutilava, relegandolo a una vita di clausura presso un monastero remoto, lontano dalla capitale Costantinopoli.

Ci sono diversi esempi eccellenti di mutilazioni condotte a scopi politici in epoca bizantina: un caso è l’imperatore Eraclio II e sua madre, l’Imperatrice Martina. Deposti entrambi dal generale Valentino, invece di venire uccisi furono mutilati – Eraclio perse il naso, Martina la lingua – ed esiliati a Rodi.

Un’altra forma di mutilazione politica era l’accecamento, come accadde a Leone Foca nel 919, ad opera di un rivale politico. Una misura che evidentemente non venne ritenuta sufficiente, visto che Leone venne condannato a morte l’anno successivo.

Oltre all’accecamento anche la castrazione andava per la maggiore. Ad esempio Teofilatto, Staurakios e Niceta, nell’813, vennero castrati per ordine di Leone V l’Armeno, Generale e Imperatore, dopo che aveva ottenuto il potere acclamato dal popolo a discapito di Michele I Rangabe. E’ una storia interessante da raccontare perché si comprende come, in questo caso, la castrazione fu un’opera di clemenza. Michele era stato eletto grazie all’appoggio della chiesa, ma non era un generale di valore. Leone V invece era un fiero combattente che ottenne l’appoggio non solo delle truppe ma del popolo. Così Michele, il giorno in cui Leone entrò trionfante a Costantinopoli, abdicò a favore del nuovo Imperatore.

Leone dal canto suo non aveva nulla contro Michele. Decise che questi avrebbe vissuto in esilio a Kınalıada, di fronte a Costantinopoli, insieme alla moglie e al resto della famiglia, ma per assicurarsi che i figli maschi di Michele non si facessero avanti per rivendicare il titolo di Imperatore li fece castrare. In questo modo Teofilatto, Staurakios e Niceta non avrebbero potuto avere figli in grado di insediare il trono.


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