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Scuola italiana: gli investimenti dello Stato e la sicurezza degli edifici scolastici

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Su Valigia Blu, la prima parte di un’inchiesta in tre capitoli sulla scuola italiana discute la contrazione nel tempo della percentuale di spesa destinata al comparto istruzione, rapportando i dati a quelli di altri paesi europei. L’autrice, Elisabetta Tola, traccia quindi un quadro delle problematiche riguardanti la classe docente, soffermandosi su stipendi, formazione ed età media. Il pezzo si chiude con un’analisi delle condizioni in cui versano gli edifici scolastici.

Molta attenzione per poche settimane, poi nuovamente assordante silenzio per mesi. È un ciclo ormai consolidato, di anno in anno. Tra settembre e ottobre tutti si accorgono che comincia un nuovo anno scolastico e si concentrano per qualche ora sul tema. Due domande al ministro di turno (nove diverse nomine dal 2005 a oggi), qualche numero sugli iscritti, le classi, un mini focus sui cambiamenti eventuali e su possibili nuove riforme e poi di nuovo più niente.

Forse non ci rendiamo conto dell’assurdità di questo ciclo. A scuola, in Italia, vanno ogni giorno circa 8 milioni di persone: 7 milioni di studenti e un milione di lavoratori, tra insegnanti e personale tecnico amministrativo (ATA). Otto milioni di persone, quasi un ottavo dell’intera popolazione italiana, che passano ore e ore in edifici insicuri, inadeguati, spesso pericolosi. E che cercano di portare avanti una delle attività che dovrebbe essere la base di qualunque democrazia evoluta: la formazione, l’istruzione, l’educazione. A essere cittadini prima che bravi in matematica e lettere. A essere persone attive e consapevoli rispetto al proprio presente prima che capaci di fare test, verifiche, interrogazioni e altre attività.

Ma no, la scuola è davvero un grande assente dalle cronache quotidiane. Non ci stupiamo, scandalizziamo, dispiacciamo dello stato in cui versano gli edifici dove mandiamo il nostro futuro a formarsi. Né ci arrabbiamo di fronte al fatto che chi è lì per fare questo lavoro e quindi a formare il nostro futuro sia sempre meno adeguato di fronte alla complessità del presente, preparato, aggiornato e messo in condizioni di lavorare bene. O che sia pagato ormai uno stipendio completamente inadeguato rispetto alla competenza e professionalità richiesta, il che poi finisce nella testa di molti con il giustificare anche un lavoro fatto male, con poca attenzione ai cambiamenti, con una dedizione talvolta proprio discutibile.

Al di là dell’incredulità di fronte a tanta indifferenza, a fare una fotografia più precisa possibile sullo stato della scuola ci aiutano i numeri. Che invece fortunatamente sono tanti, anche se non sempre raccolti in modo organico e organizzati in modo utile per trarre conclusioni, come vedremo.

Immagine da Wikimedia.

 


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