Fra i tanti spostamenti di massa che caratterizzarono la Seconda Guerra Mondiale uno molto singolare si svolse nelle Alpi Friulane alla fine del conflitto: più di trentamila collaborazionisti di origine sovietica, Cosacchi e Caucasici, si insediarono nella zona con lo scopo di combattere i partigiani italiani. Fabio Verardi descrive questa vicenda poco nota, che lasciò una traccia profonda e traumatica nella memoria locale.
Sia che fossero vecchi esuli scappati dalla Rivoluzione, sia che fossero sopravvissuti alle persecuzioni staliniste, molti Cosacchi nutrivano un profondo risentimento verso il potere sovietico: esso trovò il modo di esprimersi dopo l’invasione tedesca, quando i Nazisti, nonostante il loro razzismo antislavo, spinti dalla necessità di soldati, decisero di armare i Sovietici disposti a combattere al loro fianco. I Cosacchi fecero parte di questo gruppo di collaborazionisti e furono destinati a compiti di controguerriglia. Quando i Tedeschi arretrarono, anche loro e le loro famiglie furono evacuate più a ovest, sempre più all’interno del territorio dell’Asse.
Nel 1944 furono i Cosacchi furono infine inviati in Friuli, dove i Tedeschi avevano incontrato serie difficoltà a fiaccare la Resistenza locale. Probabilmente non c’era l’intenzione di reinsediarli là in pianta stabile, ma comunque i nuovi venuti, per alloggiare i quali furono sgombrati tre interi paesi, portarono con sé i loro culti, usanze e tradizioni. Fu un’occupazione molto violenta, segnata da rastrellamenti, saccheggi, stupri e massacri, oltre che dalla fame. Non mancarono però occasionali episodi di fraternizzazione.
Il crollo del Terzo Reich travolse anche la Kosakenland carnica. A maggio 1945 i Cosacchi si arresero agli Alleati, che li riconsegnarono ai Sovietici. Chi non si suicidò o riuscì a fuggire, fu fucilato o deportato nei gulag. Nel frattempo, il Friuli cominciava a riprendersi da un’occupazione feroce e traumatica.
L’occupazione cosacco-caucasica rappresentò una sorta di cappa che frustrò gli slanci libertari e democratici emersi nella popolazione e nella Resistenza friulana nell’estate del 1944. L’arrivo degli occupanti influì nel rapporto fra residenti e partigiani; nell’ottobre 1944 si registrò infatti punto più basso nei rapporti fra i due soggetti; la popolazione fu pesantemente colpita e aleggiò un sentimento di stanchezza per le privazioni che il conflitto comportava mentre emersero sentimenti attendisti e di rivalsa.
La violenza e le devastazioni portate dalle truppe cosacco-caucasiche investirono trasversalmente la società friulana rappresentando un’esperienza tragica e dolorosa, ma accomunarono anche i destini e crearono solidarietà nelle comunità; non vi fu famiglia che non fosse stata toccata direttamente o indirettamente dall’occupazione e ciò avvenne a partire delle abitazioni, un luogo identitario per le popolazioni friulane. I cosacco-caucasici, anche se tra i primi, non furono i soli responsabili della drammatica situazione del Friuli. Di certo la aggravarono.
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