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Rifugiati: più punti di vista [EN]

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Su suggerimento di @MMM, @Lemkin, @Mysterion, @Frank Underwood.

 

Oggi lo State of the European Union ha parlato molto della situazione dei rifugiati, che sta diventando sempre più all’ordine del giorno per la quantità dei rifugiati che stanno arrivando dal medio oriente (Siria in primo luogo), per la decisione della Germania di accogliere qualunque profugo di nazionalità siriana – che ha dato il via ad una lunga marcia di persone a piedi, che hanno trovato molti ostacoli soprattutto in Ungheria (per volontà politica di Orban, prevalentemente). Dopo la Germania anche la Francia, la Spagna e il Regno Unito hanno proposto di accogliere un certo numero di rifugiati.

Sulla questione delle quote, il New York Times parla della distribuzione in Europa, di quale è la situazione attuale rispetto all’accordo sulle quote di maggio. Con una serie di grafici che aiutano a capire la differenza tra i paesi.

Quotas are likely to be part of the European Union’s approach to the issue in the coming weeks. On Thursday, the president of the European Council called for the fair distribution of at least 100,000 refugees.

Sempre corredato da grafici, un lungo ma interessante articolo di Roberto Cicciomessere pubblicato su Strade analizza i dati dell’immigrazione e l’andamento demografico italiano e di altri Stati europei, stimando il numero di immigrati che saranno necessari ai vari Paesi europei per compensare la bassa natalità e ponendo in tale prospettiva il fenomeno migratorio: più un paese ha una natalità positiva meno sarà disposto ad accogliere maggiori flussi migratori.

Le trasformazioni demografiche, negli ultimi anni, hanno determinato fenomeni di grande rilevanza per lo sviluppo sociale ed economico dell’Europa, come la diminuzione delle nascite, l’innalzamento della vita media, l’aumento delle migrazioni e il forte invecchiamento della popolazione. Tali trasformazioni, che negli ultimi anni si sono manifestate con una velocità sconosciuta nel passato e che nel futuro subiranno un’ulteriore accelerazione, hanno forti ricadute sul tessuto sociale, sullo sviluppo economico, sul mercato del lavoro, sulla salute dei cittadini, sulla tenuta del sistema di protezione e d’inclusione sociale, sulle caratteristiche del sistema di welfare e sulla stessa politica.

Questo discorso, però, non funziona del tutto per i paesi dell’Est Europa, in cui diventa più importante la conservazione della cultura nazionale, nella ricostruzione dell’invididualità nazionale dopo la disgregazione dell’URSS, come spiega questo articolo del Guardian – che risponde alla riflessione di Gian Antonio Stella sull’«amara sorpresa» dei paesi dell’Est Europa.

Mentre l’Europa si mobilita, molti in giro per il mondo notano il silenzio dei paesi ricchi del Golfo, in particolare il Qatar e l’Arabia Saudita, che non accettano di vedere minacciati i propri standard, il New York Times riporta appunto come i paesi del Golfo rispondono al problema dei rifugiati siriani.

“We know that the Gulf could take in Syrian refugees, but they have never responded,” said Omar Hariri, a Syrian who had recently fled Turkey on an inflatable raft with his wife and 2-year-old daughter.

Speaking by phone from Athens, he said he saw hope in Europe, not in the Gulf.

“They have helped the rebels, not the refugees,” Mr. Hariri said.

Immagine “A Syrian girl waves from the balcony of an unfinished apartment block in northern Lebanon (11173940763)” by Russell Watkins/Department for International Development. Licensed under CC BY 2.0 via Wikimedia Commons


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