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Una Recherche senza madeleine

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Nel 1949, Bernard de Fallois, un insegnante di liceo appena 23enne, si imbatte in una biografia di Marcel Proust, da poco pubblicata, scritta da André Maurois. A colpirlo profondamente, durante la lettura, è la descrizione che l’autore offre dei manoscritti di Proust conservati dai suoi eredi e grazie alla cui consultazione ha potuto realizzare il suo recente lavoro.

De Fallois, anch’egli studioso appassionato di Marcel Proust, riesce a mettersi in contatto con Maurois giungendo a strappargli la promessa di farsi presentare alla nipote di Proust, Suzy Mante, custode di una parte importante dei suoi scritti . Questa, colpita dall’entusiasmo e dalla preparazione del giovane insegnante, gli affida presto il riordino dei quaderni di suo zio, la maggior parte dei quali è conservata in un baule nella soffitta della sua abitazione.

Dallo studio del tesoro contenuto in quel baule, vedono la luce due inedite opere proustiane: nel 1952, un romanzo in tre volumi intitolato Jean Santeuil, e, nel 1954, un saggio letterario, Contro Sainte-Beuve. Nella prefazione a quest’ultimo, de Fallois accenna a settantacinque fogli emersi dal prezioso baule – che Proust avrebbe scritto tra la primavera e l’estate del 1908 – i quali costituirebbero la genesi del monumentale La Recerche, in particolare un riassunto, con qualche variazione, di alcuni episodi narrati dall’autore nella prima parte del romanzo.

Le opere proustiane pubblicate dalla casa editrice Gallimard grazie al lavoro di de Fallois riscontrano un grande successo di pubblico, ma negli ambienti accademici presto ci si accorge che durante la loro stesura il professore francese ha evitato con una certa disinvoltura di segnalare tagli, correzioni, fonti di provenienza, venendo perciò meno alle regole più elementari della filologia. Ed è forse proprio questa la ragione per cui i due precedenti lavori di ricostruzione pubblicati dalla Gallimard vengono estromessi da una riscrittura degli stessi, che la casa editrice affida, nel 1971 a uno studioso più convenzionale: Pierre Clarac.

Clarac ha ora la possibilità di consultare più agevolmente tutti gli scritti studiati, datati e riordinati precedentemente da de Fallois. Ma dove sono finiti, si chiedono ora gli studiosi della preziosa eredità di Suzy Mante, i settantacinque fogli cui accennava de Fallois nella prefazione a Contro Sainte Beuve?

Un lungo articolo di Doppiozero a firma di Mariolina Bertini racconta la storia di questo affascinante giallo letterario, soffermandosi su alcuni aspetti della vita e dell’opera di Proust emersi dall’analisi di altri scritti a lui attribuiti, tra cui alcune lettere inviate al conte Pierre de Polignac (1895-1964), venute alla luce nel 2005 alla morte di suo figlio, il Principe Ranieri III di Monaco.

A volte mi chiedo: ma gli studiosi di Proust, nella loro caccia agli inediti, sono incredibilmente favoriti dalla Fortuna, oppure sono guidati da una sovrumana, rabdomantica abilità che li orienta verso giacimenti sconosciuti di lettere, agende, abbozzi, quaderni, taccuini, racconti cestinati e manoscritti d’ogni sorta? Probabilmente c’è del vero in entrambe le ipotesi. Ma la Fortuna un po’ c’entra, o comunque il Caso, quel Caso che nella Ricerca è tra i protagonisti; quello che fa inzuppare a Marcel la madeleine nella tazza di tè e mette così in moto tutta l’immensa macchina narrativa del romanzo.

Vediamo qualche esempio, tra i più recenti, di questi doni inattesi della Fortuna. Il 6 aprile del 2005 muore il principe Ranieri III di Monaco, il fascinoso e sorridente vedovo di Grace Kelly. Che cosa c’è nella cartellina custodita gelosamente nel suo comodino? Qualche cimelio hitchcockiano? Le più belle foto di scena di Delitto perfetto? Macché: quattro lettere e un telegramma di Marcel Proust, risalenti all’estate del 1920. Non indirizzate al principe, naturalmente, che allora non era ancora nato, ma a suo padre, il conte Pierre de Polignac (1895-1964), divenuto proprio nel 1920 duca di Valentinois in seguito al matrimonio con l’erede al trono del principato, Charlotte de Monaco. Pubblicate in Francia nel 2016 presso Gallimard, a cura di Jean-Marc Quaranta, e poi tradotte in italiano nel 2018 per Archinto da Francesco Bergamasco, quelle quattro lettere, che forse il principe Ranieri si rileggeva nei momenti di insonnia, hanno molto interessato gli studiosi di Proust.

Immagine da Wikimedia Commons


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