Su suggerimento di @Jules.
Su Internazionale una riflessione di Vanessa Roghi, che analizza la celebrazione della Liberazione organizzata da Palazzo Chigi con tanto di hashtag di ordinanza.
In questo senso ogni tentativo di attualizzarla e restituirle un senso è il benvenuto, anche a costo di forzare la mano, attribuendo un senso che gli diamo noi, oggi. Il 25 aprile non è un museo, non esistono problemi di correttezza e di filologia; e anche questo articolo non vuole indicare errori, ma suggerire sguardi possibili e diversi. Una visione che sottragga la celebrazione alla melassa dei buoni sentimenti e di un blob di immagini che hanno saturato l’immaginario, finendo per dipingere una vaga notte in cui tutte le vacche sono nere, i gatti sono bigi, e il senso di uno spot per il 25 aprile non si distingue più da quello di una campagna per l’8 per mille.
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