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L’Influenza dell’Antica Grecia sull’Impero Anglo-Indiano

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Su History Today si racconta di come, durante il dominio britannico in India, l’élite coloniale amasse interpretare il proprio ruolo specchiandosi nei testi dell’antichità classica. Educati in scuole dove il greco e il latino erano centrali, molti ufficiali britannici si vedevano come moderni Alessandro Magno o come nuovi imperatori romani, trovando nella storia antica una giustificazione culturale e strategica per la loro presenza in India.

Alessandro era un’ossessione per i britannici in India. Era il legame storico tra la cultura occidentale e il subcontinente, un esempio di conquista e dominio. Gli amministratori della Compagnia delle Indie Orientali cercavano di ricostruire il suo percorso in India, interrogandosi su dove avesse attraversato il fiume Idaspe o su possibili influenze greche sopravvissute nella regione. Il filologo William Jones (1746-1794), mentre era magistrato britannico a Calcutta, identificò il “Sandrocottus” delle fonti greche con Chandragupta Maurya, fondatore dell’Impero Maurya (il più grande e potente impero politico e militare dell’antica India), contemporaneo di Alessandro Magno. Questa scoperta permise di sincronizzare le cronologie indiane con quelle europee, rafforzando il controllo britannico sulla narrazione storica dell’India.

Se Alessandro era l’eroe della conquista, Roma forniva il modello di amministrazione imperiale. Gli ufficiali britannici guardavano a Giulio Cesare e soprattutto ad Augusto, il primo imperatore di Roma, che aveva costruito un impero multiculturale e stabile.

Virgilio, con l’Eneide, offriva un’epica che glorificava la missione civilizzatrice dell’impero, proprio come i britannici vedevano la loro presenza in India. Il poeta veniva citato spesso nelle memorie degli amministratori coloniali, che trovavano nei suoi versi una giustificazione morale al loro dominio.

Uno degli effetti più duraturi dell’influenza classica fu la riforma dell’istruzione. Thomas Babington Macaulay (1800-1859), storico e politico britannico, scrisse nel 1835 un famoso documento, il Minute on Education, in cui sosteneva che l’inglese dovesse essere la lingua dell’istruzione in India, proprio come il greco e il latino lo erano stati nel Rinascimento europeo. Questo cambiamento portò alla diffusione dell’inglese come lingua amministrativa e culturale in India, con effetti che perdurano ancora oggi.

Paradossalmente, la cultura classica divenne anche uno strumento dell’anti-colonialismo. Mahatma Gandhi, mentre era imprigionato in Sudafrica nel 1908, parafrasò in gujarati l’Apologia di Socrate di Platone. La sua interpretazione del testo divenne un simbolo della resistenza non violenta, e il governo britannico finì per vietarne la diffusione in India nel 1910. Così, la stessa eredità classica che i britannici avevano usato per giustificare il loro impero divenne parte della lotta per la sua fine.
L’influenza della Grecia e di Roma sul Raj Britannico fu quindi ambivalente: da un lato, offrì un modello per il dominio coloniale, dall’altro fornì strumenti concettuali che contribuirono alla sua dissoluzione.


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