Su Il Tascabile viene pubblicata un’intervista a Silvia de Toffoli, matematica e filosofa, ricercatrice presso la Princeton University, sul (presunto) scisma fra le due culture, quella scientifica e umanistica, e di come sia possibile ricomporlo approcciandosi alla matematica in maniera differente.
Al primo anno di università, con un mio collega che adesso è professore, Giovanni Mongardi, abbiamo fatto un piccolo generatore di frattali con il software Mathematica: era lentissimo, funzionava malissimo, ma era una soddisfazione enorme vedere queste creazioni prendere forma. C’è un lato estetico nella matematica innegabile: non solo visuale, intendo, ma filosofico: che cosa vuol dire “bellezza” in matematica? Quando ho scoperto – sempre al primo anno di università – che la sezione aurea si poteva scrivere anche in forma di frazioni continue, la cosa mi ha scioccata, mi ero fatta anche il poster da appendere in camera.
È una cosa innegabilmente bella, di cui non si capisce il perché.
Come la carriera di de Toffoli, così pure l’intervista spazia da argomenti più “letterari”, come l’influenza della matematica su Musil e Borges, ad altri più d’attualità, come la riproducibilità della ricerca scientifica.
Uno degli aspetti, per esempio, di cui ancora non mi capacito, è il fatto che in matematica puoi risolvere teoremi molto importanti, ma può non esserci letteralmente che tre-quattro persone al mondo che capiscono la teoria e la dimostrazione. Non credo ci sia una situazione analoga in altre scienze.
È un grande problema, che trovo pericolosissimo. Se hai un risultato importante, e hai solo tre, quattro persone che possono controllare… chi è che controlla veramente? Scholze, un importante matematico tedesco, ha proposto con un suo collaboratore un nuovo framework matematico sui numeri reali. Era una teoria importante e difficile. Nel presentare i risultati, ha continuamente cercato dei feedback da parte dei matematici, che però gli avevano confessato di non aver mai davvero guardato i dettagli della sua dimostrazione… Perché paradossalmente, più un matematico è famoso, meno è probabile che qualcuno gli farà le pulci. È accaduta la stessa cosa con Voevodsky, celebre matematico che ha praticamente scoperto da solo una lacuna in una sua dimostrazione, dieci anni dopo averla pubblicata.E ha speso gli ultimi anni della sua vita a promuovere l’uso di software chiamati interactive proof assistant, che praticamente permettono di costruire una prova formalizzata, che può essere controllata nei suoi singoli passaggi.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.