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Equo compenso

Equo compenso

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Quando acquistiamo un dispositivo in grado di effettuare delle registrazioni di materiale audiovisivo (ad esempio un televisore o uno smartwatch), paghiamo un “equo compenso” per poter rivedere materiale coperto da diritti d’autore. Nel quadro delle misure a sostegno dell’economia italiana prese da questo Governo, il Ministro dei Beni Culturali Franceschini, ha rivisto le tariffe dell’equo compenso. L’articolo di DDay dà le cifre dettagliate dei compensi precedenti ed attuali. Per fare alcuni esempi, con le nuove tabelle si pagheranno 4,00 € su televisori e decoder senza memoria interna (entrambi prima esenti), fino a 5.60 € per Wearable, Smartwatch, e activity tracker (prima esenti), fino a 6,90 € per uno smartphone o tablet (prima fino a 5,20 €), etc. Nella fascia bassa e medio-bassa ci sono comunque state delle riduzioni.

Soddisfazione è stata espressa da Giuseppe Rapetti, noto anche come Mogol, Presidente della SIAE, come ricorda l’articolo della Stampa. Entrambi gli articoli riportano critiche al provvedimento, che alcuni giudicano arcaico in un’era in cui il materiale audiovisivo viene distribuito in gran parte in streaming ed andrebbe contro la necessità di sviluppare l’industria del digitale.

A chi vanno i proventi? Secondo la pagina di Wikipedia dedicata all’argomento, in gran parte alla SIAE.

“Secondo quanto stimato da Confindustria Digitale, con il Decreto ministeriale 20 giugno 2014, in materia di ‘Determinazione del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi ai sensi dell’art. 71-septies della legge 22 aprile 1941, n. 633.’, gli introiti che la SIAE riceverà dal contributo per la copia privata saranno di 157 000 000 € all’anno (con un incremento del 150% tra il 2013 e il 2014), dei quali circa 10 000 000 € all’anno trattenuti dalla SIAE stessa in qualità di gestore del servizio.”

Cifre simili sono riportate anche nell’articolo dalla Stampa, mentre quello di DDay accusa la SIAE di importanti ritardi nella redistribuzione dei proventi della copia digitale, forse a fronte dell’attuale crisi liquidità.

Comunque, in un’intervista a AgCult, il Raspetti ribadisce “l’estraneità assoluta e totale della gestione economico finanziaria della SIAE al comparto della finanza pubblica,” ricordando che la SIAE non opera più in un regime di monopolio e si limita a gestire i diritti privati degli associati.

 

 

 


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