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I giochi con la palla degli antichi

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In questa estate ricca di sport possiamo commentare anche i giochi con la palla dell’antichità. Ne parla il canale Scripta Manent.

Nonostante si sia portati a immaginare gli antichi Romani come appassionati solo di giochi gladiatori, tale attività era praticata solo da una piccolissima parte della popolazione, proveniente nella grande maggioranza dei casi da gruppi a dir poco marginalizzati come gli schiavi, mentre la grande maggioranza della popolazione praticava i giochi con la palla, un’attività in cui furono preceduti dagli antichi Elleni.

Di tali giochi sappiamo relativamente poco perché, essendo attività di uso quotidiano, gli autori antichi non ci hanno fornito molti dettagli su di essi e sulle loro regole. Paradossalmente questi giochi erano così praticati che la descrizione delle loro regole sarebbe stata considerata come un qualcosa di strano su cui scrivere.

Nell’antica Roma esistevano vari tipi di palle, per vari tipi di giochi, alcune erano grandi e ripiene d’aria, il follis, altre di dimensioni più contenute, il pila trigonalis, ripieni di stoffa o di sabbia, infine esisteva una palla più piccola, l’harpastum, ripiena di piume o di lana. Quest’ultima palla darà il nome a quello che forse era il gioco con la palla più diffuso nella antica Roma, derivato dal greco harpazein che significa sottrarre in maniera violenta.

Tali giochi furono fatti propri dai Romani dopo la conquista dell’Ellade, dove venivano praticati già da lungo tempo giochi con la palla, probabilmente molto simili a quelli in seguito praticati dai Romani. Tra questi l’episkyros che veniva praticato tra due squadre (che solitamente contavano da 12 a 14 giocatori ciascuna), calciando una palla, nel quale era però permesso utilizzare anche le mani. Nonostante si trattasse di un gioco con la palla, le partite potevano essere piuttosto violente, soprattutto a Sparta. Le squadre dovevano tentare di lanciare la palla sopra la testa degli avversari. C’era una linea bianca denominata skuros tra le due squadre e un’altra dietro ognuna delle due squadre. Le squadre si lanciavano la palla finché una di esse era costretta a retrocedere dietro la linea bianca alle loro spalle. Il gioco era chiaramente inspirato allo svolgimento delle battaglie terrestri dell’epoca a cui probabilmente serviva anche da preparazione. A Sparta un tipo di episkyros veniva giocata durante una festa annuale, da cinque squadre, una per ognuna dei 5 villaggi in cui era suddivisa Sparta, di 14 giocatori ognuna. Principalmente era giocato dagli uomini ma, almeno a Sparta, a volte anche dalle donne.

Nell’antica Ellade esistevano anche altri giochi con la palla: la ἀπόῤῥαξις (aporrhaxis, gioco del far rimbalzare la palla), οὐρανία (ourania, lanciare la palla in aria, all’aperto) e, probabilmente la σφαιρομαχία (sphairomachia, letteralmente “battaglia con la palla), da σφαῖρα (sphaira, palla, sfera) e μάχη (mache, battaglia), anche se alcuni studiosi sostengono che la σφαιρομαχία fosse di fatto una gara di pugilato (le “sfere” sarebbero in realtà un tipo di guanti).

Tra le poche fonti che ci parlano dei giochi con la palla si trovano alcuni versi di Omero, all’incirca VIII secolo a.C., che nel sesto libro dell’Odissea accenna al fatto che Nausica e le sue ancelle giocavano con la palla poco prima di incontrare Odisseo, un frammento del commediografo Antifane, riportato da una pagina della Treccani, vissuto nel IV secolo a.C., ci tramanda la concitazione di una partita di episkyros:

«Presa la palla e passatala ne gioiva, mentre evitava un avversario e faceva cadere a terra un altro. Poi aiutava uno dei suoi a risollevarsi. Tutto intorno con alte grida si sentiva “Fuori!” “Palla lunga!” “Alta!” “Bassa!” “Palla corta!” “Tirala dietro nella mischia!”».

Come si deduce da questa descrizione l’episkyros doveva essere, almeno concettualmente, simile al Rugby e al Football americano, o forse ancor di più al calcio storico fiorentino. Da tale gioco i Romani derivarono l’harpastum, che divenne molto popolare soprattutto tra i legionari.

Un breve frammento di Marziale recita:

«Giovani, andate via: a me si addicono le più quiete generazioni:
col pallone giochino i fanciulli, col pallone gli anziani.»

Ciò sembra indicare che almeno alcuni di questi giochi erano per lo più praticati da bambini e persone troppo anziane per altre attività. Molti documenti  ricordano come i pilicrepi, ossia giocatori di palla, fossero soliti ritrovarsi, specie in età imperiale, nello sphaeristerium (da cui è derivato il nome sferisterio dato all’epoca a molti campi di gioco del pallone), solitamente costruito all’interno delle terme, oppure nel campus come il Campo Marzio della capitale. Svetonio racconta che lo stesso imperatore Augusto vi giocava:

«Al termine delle guerre civili rinunciò agli esercizi militari dell’equitazione e delle armi e, inizialmente si diede al gioco di palla e pallone.»

Anche se Augusto al termine delle guerre civili aveva 33 anni, cosa che andrebbe in contrasto con l’affermazione precedentemente riportata di Marziale sull’età dei giocatori, ciò potrebbe essere dovuto a vari motivi. Forse Marziale tendeva, per qualche motivazione personale, a sminuire il gioco della palla, o forse Augusto, che non era particolarmente portato per le attività marziali, preferiva giochi non strettamente legati a quell’ambito.


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