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Il lavoro agricolo questo sconosciuto

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Un articolo di Antonio Pascale uscito su Agrifoglio, un blog de Il Foglio, si occupa di lavoro agricolo.

La riflessione di Pascale prende spunto da un libro uscito da poco, Storia della fatica. Dal Medioevo a oggi di Georges Vigarello, storico e sociologo che è stato direttore di studi all’École des hautes études en sciences sociales. Il libro di Vigarello è un’indagine sulla stanchezza attraverso le epoche e le culture, nel quale si evidenzia come i cambiamenti socio-culturali, l’impatto delle guerre e l’evoluzione dello sport abbiano influenzato la nostra percezione della fatica. Il Saggiatore riporta dall’introduzione al lavoro di Vigarello:

Se infatti dietro ogni sforzo c’è sempre stato un racconto e in ogni manifestazione della spossatezza c’è sempre stata la descrizione di un ruolo sociale o una promessa di redenzione, anche nei metodi che abbiamo escogitato per alleviare questa sensazione si nasconde il segno della società e delle sue metamorfosi: dalla scoperta in età moderna degli abiti freschi, del tabacco, del caffè e di altri stimolanti chimici (non ultime le droghe) al ricorso alle terapie psicologiche, alla meditazione e all’ascolto di sé per alleviare stress, disagi psicosomatici e burnout.

La storia e l’evoluzione del lavoro agricolo mettono in luce come la fatica dei contadini sia stata spesso ignorata e non documentata.

Georges Vigarello, storico e sociologo, già direttore di studi all’École des hautes études en sciences sociales, nel suo libro Storia della fatica. Dal Medioevo a oggi (appena pubblicato in Italia dal Saggiatore) fa notare come la fatica contadina per secoli e secoli non è stata nemmeno documentata, figurarsi se qualcuno si premuniva di analizzarla.

Durante il Medioevo, la fatica era soprattutto narrata come percorso di purificazione per viaggiatori, guerrieri e santi, mentre il lavoro dei contadini non meritava attenzione.
Solo con l’introduzione di attrezzi agricoli rudimentali nel 1200 d.C. si iniziò a classificare i vari gradi di fatica e a riconoscere il valore e il peso del lavoro agricolo.

Bisogna aspettare il 1200 dc, la fine della servitù della gleba (nel 1861 la servitù della gleba è stata abolita in Russia, tanto per dire, i contadini, 200 anni fa, come racconta Gogol’, erano niente altro che anime morte), quando nelle campagne arrivano i primi rudimentali attrezzi agricoli che, aumentando di poco la produttività, permisero almeno di classificare i vari gradi di fatica: di trasformare cioè un lavoro di durata infinita in uno di durata definita.

 


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