Un articolo di Vanni Santoni su L’Indiscreto propone alcune riflessioni sulle conseguenze economiche, estetiche e filosofiche che l’Intelligenza Artificiale potrebbe causare nel mondo dell’illustrazione.
L’articolo si dedica alle AI di tipo “text to image“, ovvero quei programmi software che a fronte di una descrizione testuale (il “prompt“) producono l’immagine richiesta e che per farlo utilizzano un modello auto-costruito analizzando milioni di immagini di esempio e relative descrizioni testuali precedentemente fornite da esseri umani (il “dataset“).
I tre grandi temi affrontati nell’articolo sono:
Indistinguibilità.
circolano ovunque illustrazioni realizzate interamente o parzialmente da MidJourney (o dalle sue meno efficaci concorrenti Dall-E e Stable Diffusion) e spacciate per umane. Il livello di educazione all’immagine medio (nonché l’informazione su queste tecnologie nel mainstream) è tale che la stragrande maggioranza delle persone, semplicemente, ci casca.
forse, l’unica soluzione, come ha giustamente fatto notare Neon Shadow, è educare delle A.I. a riconoscere i disegni fatti dalle A.I.
Diritti & denari.
ogni artista vivente dovrebbe avere il diritto di essere escluso dal dataset (invero, uno avrebbe dovuto poter dare l’assenso anche prima, per essere incluso, ma così non è stato), e questo diritto, per ora, non è garantito.
Un prompter è un artista?
Io lo vedo come qualcosa a mezzo tra un dj, che mixa e rimaneggia brani o basi altrui, e un curatore, che allestisce una mostra con ciò che ha a disposizione; Ceccotti a suo tempo parlò di “committente”, laddove invece D’Isa ha spesso rivendicato la natura autoriale del prompting, paragonandolo alla fotografia (la quale, al suo avvento, fu ricevuta da critiche analoghe a quelle delle A.I. text to image: “Distruggerà la pittura”, “Chiunque può farla”, etc.).
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