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La famiglia nucleare

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Su The Atlantic, David Brooks critica la famiglia nucleare e propone delle strutture alternative per convivere.

L’attacco dell’articolo racchiude nostalgia e il cuore del discorso di Brooks, cioè la differenza tra famiglia nucleare e quella del passato, estesa:

Nelle ultime due generazioni, lo spazio fisico che separa le famiglie nucleari si è allargato. Prima le cognate si salutavano urlando dal portico di casa. I bambini correvano da una casa all’altra e mangiavano dal frigorifero di chi era più vicino. Ma i prati sono diventati più estesi e la vita nei portici è diminuita, creando un cuscinetto di spazio che separa la casa e la famiglia da chiunque altro. Come ha osservato di recente Mandy Len Catron su The Atlantic, le persone sposate sono meno propense a visitare i genitori e i fratelli, e meno inclini ad aiutarli nelle faccende domestiche o a offrire loro sostegno morale. Prevale un codice di «autosufficienza famigliare»: mamma, papà e figli sono soli, con una barriera intorno alla loro casa sull’isola.

Secondo Brooks il gruppo «padre, madre e figli» non è più sostenibile oggi. Il punto cruciale non è la composizione in sé, ma la solitudine e l’isolamento: chi vive in una famiglia nucleare spesso manca del sostegno della famiglia estesa — e similmente non è portato ad offrire sostegno alle altre famiglie con cui un tempo ci si relazionava.

Questa modifica dei nostri impegni, questo guardare solo alla propria famiglia, non è un cambiamento a somma zero. La mancanza di un mutuo aiuto porta ad affaticamento, logorio e difficoltà, specialmente per i genitori che devono gestire lavoro e responsabilità famigliari da soli. Questo negli Stati Uniti colpisce soprattutto la comunità afroamericana:

Nel 2018 due terzi dei bambini afroamericani vivevano in famiglie monoparentali, rispetto a un quarto dei bambini caucasici. Le famiglie afroamericane con un solo genitore sono maggiormente concentrate proprio in quelle zone del Paese in cui la schiavitù era più diffusa. Una ricerca di John Iceland, professore di sociologia e demografia alla Penn State, suggerisce che le differenze tra la struttura familiare dei caucasici e quella degli afroamericani spiegano il 30% del divario di ricchezza tra i due gruppi.

La soluzione di Brooks non è un ritorno al passato, ma una ripresa di quei legami extra-famigliari ma comunque importanti che sono venuti a mancare nelle ultime decadi. Dare e ricever sostegno, magari non necessariamente attraverso un legame di parentela, ma coinvolgendo amici e altri membri della comunità.


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