A cura di @NedCuttle21(Ulm).
In un articolo pubblicato su Wu Ming Foundation, Enrico Manera celebra i trent’anni de Il pendolo di Foucault, il secondo romanzo del compianto scrittore piemontese Umberto Eco.
L’opera di Eco narratore continua il lavoro dello studioso con mezzi solo apparentemente diversi: il suo romanzo storico confonde gli orizzonti dell’alto e del basso, decostruisce lo sfondo ideologico, intreccia ironia e leggerezza con impegno e lucidità. Ne Il nome della rosa come ne Il cimitero di Praga, finzione letteraria, produzione teorica, funzione critica sono distinguibili ma mostrano la loro parentela. Ogni romanzo ha personaggi in qualche modo legati a un’autobiografia culturale, una struttura originale e un riferimento a una tradizione e al genere, ed è anche racconto e applicazione di una teoria. Contiene ipotesi, espone sottotesti ideologici, smaschera effetti politici.
Il testo più radicale e più riuscito in questo senso è proprio Il pendolo di Foucault, uno dei più difficili e sofisticati per la trama di riferimenti.
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