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La vocazione di Danny [EN]

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In un lungo articolo pubblicato su The Atavist Magazine, Kelly Loudenberg racconta la storia dell’intensa amicizia tra un ex detenuto, Danny Valentine, e Buzz Alexander e Janie Paul, due attivisti progressisti con una particolare sensibilità verso le ingiustizie del sistema carcerario statunitense.

Negli anni ’90, Buzz, docente presso l’Università del Michigan, e Janie, pittrice ed educatrice, decidono di mettere la propria passione per l’arte al servizio dei detenuti – ampliando insieme l’attività nelle carceri cui Buzz si dedica già da tempo – persuasi dall’idea che attraverso la creatività sarebbe meno faticoso sopportare il dramma della detenzione. Ed è proprio grazie al loro impegno e a una serie di iniziative legate a un programma di loro stessa creazione, il Prison Creative Arts Project, che Danny Valentine, detenuto con una notevole vocazione per l’arte, riesce a superare uno dei periodi più cupi trascorsi dietro le sbarre.

L’articolo, parallelamente all’attivismo di Buzz e Janie e al loro rapporto con Danny, racconta la vita di quest’ultimo al di fuori e all’interno del sistema carcerario statunitense. Nel 2016 – quando, libero da tre anni, una pericolosa forma di disillusione sta riprendendo pericolosamente il sopravvento – il legame sorto a suo tempo con la coppia ideatrice del Prison Creative Arts Project viene ancora una volta in suo soccorso: Janie lo contatta perché ha assolutamente bisogno di qualcuno di fidato che la aiuti nelle faccende domestiche e che, soprattutto, le dia una mano a badare a Buzz, ammalatosi nel frattempo di demenza frontotemporale. E Danny accetta di buon grado, scoprendo presto la sua vera inclinazione: prendersi cura delle persone.

Danny became an expert at coaxing Buzz to do things Buzz was not inclined to do. “I don’t want you to catch a cold, come in now,” he would say when Buzz refused to get out of the car after returning home from a doctor’s appointment. When Buzz didn’t budge, Danny would say, “OK, you can stay there. Just come in when you’re ready.” That was usually all it took—Buzz would get out of the car and walk into the house.

Danny could sense when Buzz needed to be left alone, when he wanted poetry read to him, when he needed to eat. At certain points, Buzz didn’t want anybody but Danny around; he would get frustrated when Janie cared for him. At first this felt like rejection, but she learned not to take it personally—it was the illness pushing her away, not Buzz.


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