Questo mese grazie a una segnalazione (grazie Windy!) parliamo di argomento un po’ particolare, il rapporto fra cinema e ecologia, a partire da questo articolo, una recensione sul sito IlBo Live del libro Ecovisioni di Marco Gisotti. Nel libro si fa un’analisi di come i temi ecologisti siano stati presenti fin dall’inizio del Novecento:
il Novecento si apre con The Last Drop of Water di D.W. Griffith (1911) e a seguire, tra gli altri, ecco Frankenstein di James Whale, Bambi di David Hand, Riso amaro di Giuseppe De Santis, Gli uccelli di Alfred Hitchcock, 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, Lo squalo di Steven Spielberg, L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, Fitzcarraldo di Werner Herzog, Balla coi lupi di Kevin Costner, Principessa Mononoke di Hayao Miyazaki, fino a entrare negli anni Duemila con I figli degli uomini di Alfonso Cuarón, Still Life di Jia Zhang-ke, Into the Wild di Sean Penn, Avatar di James Cameron, Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, Eternals di Chloé Zhao, per finire con il recente Siccità di Paolo Virzì (2022)
Ma non ci si limita a quello: si analizza anche come nonostante i temi ambientalisti o più in generale quelli attinenti al rapporto uomo/natura siano sempre stati presenti nella storia del cinema, l’industria cinematografica non sia poi proprio così attenta al proprio impatto ambientale e solo di recente si sia data delle regole in proposito:
Nel 2013 Tempesta ha prima elaborato e poi rilasciato EcoMuvi, disciplinare per la sostenibilità sul set di cinema ed audiovisivi per analizzare le fasi di produzione nei diversi reparti, misurare e certificare le caratteristiche di sostenibilità ambientale delle produzioni audiovisive, proporre pratiche concrete di riduzione dell’impatto
Ma la sostenibilità del cinema non si applica solo alla produzione, ma anche alla sua fruizione:
Il set di un film le cui riprese durino circa due mesi ha un impatto di circa 19 tonnellate equivalenti di anidride carbonica. Una sola sala cinematografica, con un solo schermo, impatta in media per 4,9 tonnellate in un anno; basta già una multisala di piccolissime dimensioni, con quattro schermi per esempio, per avere lo stesso impatto di un film.
La soluzione però non sta nel chiudere le sale, ma nel loro efficientamento energetico: il PNRR stanzia dei fondi appositi.
Commenta qui sotto e segui le linee guida del sito.